LUIGI PAREYSON, AUTOBIOGRAFIA
L’ambiente
culturale in cui crebbi fu per forza di cose la maturità dell’idealismo crociano
e gentiliano, come del resto è accaduto a tutti quelli della mia generazione,
ch’è forse l’ultima ad essere cresciuta in quella temperie filosofica. La scuola
alla quale mi formai fu il pensiero di Augusto Guzzo, ch’era una forma di
idealismo parallela a quella di Croce e di Gentile, derivata non da essa, ma
direttamente dal neoeghelismo napoletano [2]). I primi studi ai quali per
affinità elettiva mi dedicai furono la filosofia dell’esistenza, specie di
Jaspers e Marcel in principio, e poi soprattutto di Heidegger, e fu soprattutto
da essa che trassi la mia prima ispirazione. Questa triplice lezione ricevuta
nella mia formazione filosofica mi confortò a mettere al centro d’ogni mia
preoccupazione speculativa il problema e il concetto di "persona". Son giunto
così a una forma di "personalismo" che non ha niente in comune né con le varie
forme del personalismo francese né con l’intimismo spiritualistico di origine
idealistica e trascendentalistica, tantomeno attualistica.
[L. Pareyson,
Filosofia della persona, in Esistenza e persona, Il Melangolo, Genova, 1985, p.
213]