Il modo di pensare qui proposto non consiste nel misconoscere l'essere e neppure nel trattarlo, secondo una pretesa ridicola e sdegnosa, come cedimento di un ordine o di un Disordine superiore. Ma è a partire dalla prossimità che l'essere assume, al contrario, il proprio giusto senso. Nei modi indiretti dell'illeità, nella provocazione anarchica che mi ordina all'altro, s'impone la via che conduce alla tematizzazione e a una presa di coscienza: la presa di coscienza è motivata dalla presenza del terzo affianco al prossimo avvicinato; anche il terzo è avvicinato; la relazione tra il prossimo e il terzo non può essere indifferente all'io che si approssima. È necessaria una giustizia fra gli incomparabili. È necessario dunque un paragone tra gli incomparabili e una sinossi; messa insieme e contemporaneità; è necessaria una tematizzazione, un pensiero, una storia e una scrittura. Ma bisogna comprendere l'essere a partire dall'altro dell'essere. Essere, a partire dalla significazione dell'approssimarsi, è essere con altri per o contro il terzo; con altri e il terzo contro sé. Nella giustizia contro una filosofia che non vede al di là dell'essere, che riduce, abusando del linguaggio, il Dire al Detto e ogni senso all'interessamento. La Ragione, alla quale si attribuisce la virtù di fermare la violenza per raggiungere l'ordine della pace, suppone il disinteressamento, la passività o la pazienza. In questo disinteressamento, quando la responsabilità per l'altro è anche responsabilità per il terzo, si configurano la giustizia -- che confronta, raccoglie e pensa -- la sincronia dell'essere e la pace.
[E. Levinas, Autrement qu'être, cit., p. 21-22]