Nelle discussioni del problema mente-corpo ci sono due problemi separati su cui si concentra di solito l'attenzione: "In che modo un oggetto materiale (un cervello) può suscitare concretamente la coscienza?" e, inversamente, "In che modo una coscienza, attraverso l'azione della sua volontà, può influire realmente sul moto (in apparenza fisicamente determinato) di oggetti materiali?". Questi sono gli aspetti passivo e attivo del problema mente-corpo. Pare che noi abbiamo, nella "mente" (o piuttosto nella "coscienza") una "cosa" immateriale che, da un lato, è suscitata dal mondo materiale e, dall'altra, può influire su esso. Io [preferisco] però [...] considerare un problema un po' diverso e forse più scientifico [...]: "quale vantaggio selettivo conferisce una coscienza a coloro che la posseggono?"
Nel formulare le domande in questo modo [...] c'è l'assunto che [la coscienza] "faccia effettivamente "qualcosa", e inoltre che ciò che essa fa sia utile alla creatura che la possiede, cosicché un'altra creatura equivalente in tutto ma priva di coscienza si comporterebbe in un qualche modo meno efficace. D'altra parte, si potrebbe credere che la coscienza non sia altro che un concomitante passivo del possesso di un sistema di controllo sufficientemente complesso e che, di per sé, in realtà non "faccia nulla". [...]
Non tutta l'attività cerebrale è direttamente accessibile alla coscienza. In effetti, una fra le strutture encefaliche più "antiche", il cervelletto [...] sembra eseguire azioni molto complesse senza che in essa sia direttamente implicata la coscienza. Eppure la natura ha deciso di sviluppare esseri pensanti come noi, anziché accontentarsi di esseri in grado di comportarsi sotto la direzione di meccanismi di controllo del tutto inconsci. Se la coscienza non serve a nessun fine selettivo, perché la natura si è data la pena di sviluppare cervelli coscienti quando cervelli "autonomi" non pensanti, come il cervelletto, avrebbero potuto cavarsela altrettanto bene?
(Roger Penrose, La mente nuova dell'imperatore, Rizzoli, Milano, 1992)