Buona parte della ragione per credere che la coscienza sia in grado di influire su giudizi di verità in modo non algoritmico deriva dalla considerazione del teorema di Gödel. Se riusciamo a renderci conto che il ruolo della coscienza non è algoritmico nella formazione dei giudizi matematici, in cui sono un fattore importante il calcolo e la dimostrazione rigorosa, allora senza dubbio potremo convincerci che un tale ingrediente non algoritmico potrebbe essere cruciale anche per il ruolo della coscienza in situazioni più generali (non matematiche). [...]
Qualsiasi algoritmo (abbastanza esteso) un matematico possa usare per stabilire la verità matematica - o [...] qualsiasi sistema formale adotti [...] - ci saranno sempre proposizioni matematiche [...] di cui il suo algoritmo non sarà in grado di dare la soluzione. Se il funzionamento della mente del matematico fosse interamente algoritmico, l'algoritmo (o il sistema formale) da lui usato per formarsi i giudizi non gli permetterebbe di giudicare la proposizione costruita col suo algoritmo personale".
(Roger Penrose, La mente nuova dell'imperatore, Rizzoli, Milano, 1992, pag. 526)