Il passo del Fedro che riportiamo è un breve intermezzo, molto utile ai nostri fini perché definisce con chiarezza un elemento che è proprio dei dialoghi cosiddetti "dialettici": la dialettica come metodo di ricerca che consiste in due diverse procedure:
ricercare l’unità là dove l’esperienza e l’indagine razionale mostrano la molteplicità al fine di comprendere la vera natura delle cose (mostrando come cose diverse vadano in effetti interpretate ricorrendo ad un'unica idea);
ricercare le divisioni reali nell’unità così trovata per comprendere come da essa si articoli la molteplicità: essenziale sarà rispettare le articolazioni naturali e non introdurre distinzioni arbitrarie, che non appartengano alla cosa stessa.
Di questo modo di procedere, che potremo studiare meglio nel Sofista, i due discorsi di Socrate sull’amore condotti nel Fedro sono un esempio. Nel primo Socrate ha mostrato alcuni aspetti negativi dell’Eros, nel secondo alcuni aspetti molto positivi. Si è contraddetto, costruendo discorsi contrapposti? No, perché dell’unità della natura di Eros i due discorsi hanno mostrato delle articolazioni reali: è la realtà stessa dell’Eros a racchiudere in unità una molteplicità di forme. L’Amore si dice in molti modi perché è in molti modi.
La dialettica è dunque scienza delle distinzioni reali, che, come tali, implicano per essere tali una unità di fondo rispetto a cui si possa identificare il punto di distinzione: sono queste a consentire l’unificazione della realtà, vasta e diversificata, in un tutto ordinato.
Socrate:" Ecco dunque la lezione che dobbiamo trarre da questo inno: in che modo il discorso abbia potuto passare dalla critica all’elogio."
Fedro:" Che cosa intendi?"
"Per me è evidente: del resto non abbiamo fatto davvero altro che giocare un gioco; ma in queste cose che un caso fortunato ci ha portato a dire, vi sono due modi di procedere di cui non sarebbe privo di interesse comprendere tecnicamente la funzione, se si può."
"E quali sono?"
"Ecco la prima: grazie ad una visione d’insieme, condurre verso una forma unica ciò che è disseminato in mille modi in modo che mediante la definizione di ciascuna di queste unità si faccia vedere chiaramente la natura di quella sulla quale si vuole di volta in volta insegnare. E’ quello che abbiamo fatto poco fa a proposito dell’amore: ecco qual è la sua natura secondo la nostra definizione; ora, che la formula sia buona o no, in tutti i casi l’effetto è stato quello di rendere il discorso capace di realizzare, come si diceva, la chiarezza e l’accordo con se stesso."
"E dell’altro modo di procedere cosa dici Socrate?"
"E’ al contrario l’essere capaci di dettagliare le specie, osservandone le articolazioni naturali; è lo stare attenti a non spezzare alcuna parte, evitando il modo di fare di chi distingue male. Si tratta di procedere come poco fa abbiamo fatto con i due discorsi che, nell’unità di una forma comune, comprendevano la follia d’amore; ma al modo in cui da un unico corpo partono delle membra che per natura sono doppie e hanno lo stesso nome e sono chiamate di destra o di sinistra, così la follia d’amore, dopo essere stata da noi considerata attraverso i due discorsi come una specie unica per natura, è stata poi distinta: abbiamo prima esaminato la parte di sinistra, e l’abbiamo a sua volta distinta in due, e non ci siamo fermati finché non abbiamo trovato un amore "sinistro" e lo abbiamo, molto giustamente, criticato; il secondo discorso ci ha portato dalla parte destra della follia d’amore che ha lo stesso nome dell’altra e così abbiamo scoperto una specie divina di amore e, una volta portata alla luce, l’abbiamo lodata come la causa per noi dei beni più grandi".
"Dici cose verissime".
"E’ questo, Fedro, che io da parte mia amo molto: queste divisioni e queste unificazioni, con lo scopo di essere capace di parlare e di pensare. Inoltre, se credo di riconoscere in qualcuno una attitudine a portare il suo sguardo nella direzione di una unità, l’unità naturale di una molteplicità, ebbene quest’uomo io lo seguo, ponendomi sulle sue orme, come se fosse un dio! E’ proprio vero, gli uomini che sono capaci di fare questo (non ho forse ragione di chiamarli così? Dio lo sa!) io li chiamo dialettici, o almeno così ho fatto finora. E adesso quale nome dobbiamo dare a quelli che seguono le cose dette prima da te e da Lisia? Non si tratta forse di questo, dell’arte oratoria il cui uso ha permesso a Trasimaco e agli altri sia di diventare personalmente molto bravi a parlare, sia di dare agli altri questa capacità, a coloro che acconsentono a far loro dei regali, come a dei re?"
"Personaggi regali, è vero, ma non certo per la conoscenza nel senso che tu dici! Tuttavia se questo genere (così a me sembra) riceve da te il suo vero nome quando tu lo chiami dialettico, mi sembra che il genere retorico ci sfugga ancora."
(Platone, Fedro, 265 c - 266 d)