PLUTARCO, L'ASSASSINIO DI CESARE

 

Un "pezzo di bravura" plutarcheo giustamente celebre: Cesare, braccato da ogni parte, si difende come una bestia feroce fino a che non vede fra gli assassini il figlio adottivo Bruto; allora si accascia come una marionetta alla quale abbiano tagliato i fili

Gridarono quasi simultaneamente, il ferito (Cesare) in latino: "Maledettissimo Casca, che fai?", il feritore in greco, rivolto al fratello: "Fratello, aiutami!". Tale essendo stato l'inizio del delitto, coloro che erano all'oscuro di tutto furono colti da sbigottimento e terrore per ciò che stava accadendo, senza che osassero né fuggire, né difendere Cesare, e neppure gettare un grido. Poiché invece ciascuno di quelli che avevano deciso di ucciderlo mostrava la spada sguainata, Cesare, circondato da ogni parte e incontrando, dovunque volgesse lo sguardo, pugnalate e spade puntate contro il suo viso e i suoi occhi, inseguito come una bestia feroce, s'impigliava nelle mani di tutti: bisognava infatti che tutti quanti partecipassero al sacrificio e gustassero il (suo) sangue. Perciò anche Bruto gli vibrò un colpo all'inguine. E si dice da parte di alcuni storici che, mentre Cesare dagli altri si difese trascinando il suo corpo qua e là ed urlando, quando invece vide che Bruto aveva impugnato la spada, si tirò la veste sul viso e si accasciò, o per caso o perché spinto dagli assassini, presso il piedistallo su cui stava la statua di Pompeo. E il sangue lo inondò, tanto che sembrò che Pompeo stesso guidasse la vendetta contro il nemico, disteso ai piedi e in preda agli spasimi per il gran numero delle ferite ricevute.

 

(Plutarco di Cheronea, Vite parallele. Vita di Cesare)