Platone: La nobile menzogna. Gli uomini come vasi diversi ("Repubblica")
«Con quale mezzo potremmo allora far credere una genuina menzogna, di quelle che s'inventano al momento
opportuno e di cui parlavamo prima, soprattutto ai governanti stessi, o altrimenti al resto della città?» «Quale
menzogna?», chiese.
«Nulla di nuovo», risposi, «solo una storia fenicia,(60) già accaduta in passato in molti luoghi, come ci dicono in
modo convincente i poeti; ma non so se sia accaduta o possa mai accadere ai giorni nostri, e del resto richiede una buona
dose di persuasione per essere convincente».
«Sembra che tu esiti a raccontarla», osservò.
«Quando l'avrò raccontata», replicai, «la mia esitazione ti sembrerà ragionevole».
«Parla pure», disse, «non avere paura».
«Allora parlerò, per quanto non sappia con che coraggio e con quali parole; e cercherò di persuadere innanzitutto i
governanti stessi e i soldati, poi anche il resto della città, che essi avevano l'impressione di ricevere tutta l'educazione
fisica e spirituale impartita da noi come in un sogno che accadesse attorno a loro, ma in realtà in quel momento erano
plasmati ed educati nel seno della terra, essi, le loro armi e il resto del loro equipaggiamento già bell'è fabbricato; e
quando furono interamente formati la terra, che era la loro madre, li portò alla luce. Per questo ora devono provvedere alla
terra in cui vivono e difenderla come loro madre e nutrice, se qualcuno muove contro di essa, e considerare gli altri
cittadini come fratelli nati anch'essi dalla terra».
«Non a torto», esclamò, «prima ti vergognavi a proferire questa menzogna!».
«E ne avevo ben donde!», risposi. «Tuttavia ascolta anche il resto del mito. Voi cittadini siete tutti fratelli, diremo loro
continuando il racconto, ma la divinità, plasmandovi, al momento della nascita ha infuso dell'oro in quanti di voi sono atti
a governare, e perciò essi hanno il pregio più alto; negli ausiliari ha infuso dell'argento, nei contadini e negli altri artigiani
del ferro e del bronzo. Dal momento che siete tutti d'una stessa stirpe, di solito potete generare figli simili a voi, ma in
certi casi dall'oro può nascere una prole d'argento e dall'argento una discendenza d'oro, e così via da un metallo all'altro.
Ai governanti quindi la divinità impone, come primo e più importante precetto, di non custodire e non sorvegliare
nessuno così attentamente come i propri figli, per scoprire quale metallo sia stato mescolato alle loro anime; e se il loro
rampollo nasce misto di bronzo o di ferro, dovranno respingerlo senza alcuna pietà tra gli artigiani o i contadini,
assegnandogli il rango che compete alla sua natura. Se invece da costoro nascerà un figlio con una vena d'oro o d'argento,
dovranno ricompensarlo sollevandolo al rango di guardiano o di aiutante, perché secondo un oracolo la città andrà in
rovina quando la custodirà un guardiano di ferro o di bronzo. Conosci dunque un qualche sistema per convincerli di
questo mito?» «Per convincere loro», disse, «assolutamente no; semmai per convincere i loro figli e discendenti e la
posterità in generale».
«Ma anche questo», dissi, «potrebbe essere un buon sistema per indurli a curarsi maggiormente della città e dei
rapporti reciproci; capisco grosso modo il tuo pensiero. L'esito di questo progetto dipenderà da come lo diffonderà la
fama; per quanto sta in noi, armiamo questi figli della terra e conduciamoli innanzi, sotto la guida dei governanti. Una
volta arrivati, osservino il punto della città più favorevole per accamparsi, quello da cui potrebbero dominare meglio sugli
abitanti, se qualcuno non volesse obbedire alle leggi, e respingere i nemici esterni, se uno di loro piombasse come un lupo
su gregge; dopo essersi accampati e aver compiuto i sacrifici dovuti, preparino le tende. O no?» «Sì », rispose.
«Ed esse non dovranno essere in grado di proteggerli dal freddo e dal caldo?» «Come no?», rispose. «Mi sembra
infatti che tu stia parlando delle abitazioni».
Platone, "Repubblica"
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