Platone: Diverse parti dell'anima in lotta tra loro... ("Repubblica")
«Non avremo dunque torto», proseguii, «a giudicare che si tratta di due princì pi diversi tra loro; e chiameremo
razionale il principio grazie al quale l'anima ragiona, irrazionale e concupiscibile, compagno di soddisfazioni e piaceri,
quello per il quale essa prova amore, fame e sete ed è turbata dagli altri desideri».
«Il nostro presupposto sarebbe ragionevole», assentì .
«Ecco che abbiamo definito», conclusi, «questi due princì pi insiti nell'anima. Ma l'elemento impulsivo,(13) quello per
cui proviamo le emozioni, sarà un terzo principio o avrà la stessa natura di uno degli altri due?» «Forse avrà la stessa
natura del secondo, quello concupiscibile», rispose.
«Io però», replicai, «ho sentito tempo fa una storia, a cui presto fede:(14) Leonzio figlio di Agleone,(15) mentre saliva
al Pireo sotto il muro settentrionale (16) dal lato esterno, notò dei cadaveri distesi ai piedi del carnefice; da un lato
desiderava vederli, dall'altro per ripugnanza distoglieva lo sguardo. Per un certo tempo lottò e si coperse il volto, ma alla
fine, vinto dal desiderio, spalancò gli occhi e corse verso i cadaveri gridando: "Ecco, disgraziati, saziatevi di questo bello
spettacolo!"».
«L'ho sentita raccontare anch'io», disse.
«E questa storia», aggiunsi, «significa appunto che talvolta l'emozione lotta con le passioni come una cosa differente
da loro».
«Sì , significa questo», ammise.
«E in molte altre circostanze», ripresi, «quando un uomo è sopraffatto da passioni che contrastano la ragione, non ci
accorgiamo che impreca contro se stesso e si adira contro ciò che fa violenza in lui, e come nella contesa di due elementi
la sua collera si allea con la ragione? Viceversa non puoi affermare, credo, di esserti mai accorto che dentro te stesso o
altri la collera fa causa comune con le passioni e si oppone al divieto della ragione».
«No, per Zeus!», esclamò.
«E che cosa succede», domandai, «quando uno pensa di avere torto? Non è forse vero che, quanto più è nobile, tanto
meno è capace di adirarsi per la fame, il freddo e qualsiasi altra sofferenza del genere gli venga inflitta da chi, a suo
parere, agisce secondo giustizia, e, come dico, la sua collera si rifiuta di destarsi contro di lui?» «è vero», rispose.
«E quando uno pensa di essere vittima di un'ingiustizia? In questo caso non ribolle, prova sdegno e si allea con ciò che
gli sembra il giusto, e sopportando fino in fondo la fame, il freddo e tutti gli altri patimenti del genere, vince e non
tralascia i suoi nobili scopi prima di averli raggiunti o morire o essere richiamato e ammansito, come un cane dal pastore,
dalla ragione che gli sta accanto?» «Il tuo paragone è davvero azzeccato», disse. «D'altronde nella nostra città abbiamo
stabilito che gli ausiliari siano come dei cani obbedienti ai governanti, che a loro volta sono come i pastori della città».
«Capisci bene il mio pensiero!», esclamai. «Ma vuoi riflettere su quest'altro punto?» «Quale?» «L'impulsività si rivela
l'opposto di ciò che appariva poc'anzi. Allora pensavamo che fosse un qualcosa di concupiscibile, ora invece siamo ben
lungi dall'affermarlo, anzi sosteniamo che nella contesa interna dell'anima essa prende le armi al fianco del principio
razionale».
«Precisamente», disse.
«Ma è un qualcosa di diverso dalla razionalità o è un aspetto di essa, e di conseguenza i princì pi dell'anima non sono
tre, ma due, quello razionale e quello concupiscibile? Oppure, come la città era compresa in tre classi, i salariati, gli
ausiliari e i consiglieri, così anche nell'anima è presente un terzo principio, quello impulsivo, che per sua natura assiste
quello razionale, se quest'ultimo non è corrotto da una cattiva educazione?» «è giocoforza che sia il terzo», rispose.
«Sì », ribattei, «purché si riveli diverso dal principio razionale, come si è rivelato diverso da quello concupiscibile».
«Ma non è difficile che risulti tale», disse: «anche nei bambini si può vedere che subito, appena nati, sono pieni di
collera; quanto poi alla ragione, mi sembra che alcuni non ne partecipino mai, i più la acquisiscano solo in tarda età!».
«Sì , per Zeus, hai detto bene!», esclamai. «E anche negli animali potresti trovare un riscontro alla tua affermazione.
Inoltre ce ne fornirà testimonianza anche il verso di Omero citato in precedenza: "percotendosi il petto rimproverò il suo
cuore".(17) Qui Omero ha rappresentato con chiarezza, come diversi uno dall'altro, il principio che ragiona sul meglio e
sul peggio mentre rimprovera quello che irragionevolmente si adira».
«Davvero ben detto!», esclamò.
«A fatica», ripresi, «abbiamo superato queste difficoltà, e ormai siamo pienamente d'accordo che gli stessi princì pi
sono presenti in pumero uguale nella città e nell'anima di ogni individuo».
«è così ».
«A questo punto non è inevitabile che anche l'individuo sia sapiente come lo era la città, e grazie allo stesso
principio?» «Certamente».
Platone, "Repubblica"
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