Platone: Il nostro è un modello di Stato a cui ispirarsi ("Repubblica")
«Mi sembra però, Socrate, che se ti si lascia parlare di questi argomenti non ti ricorderai mai di quello che hai messo
da parte per fare posto a tutto il discorso sulla possibilità e sul modo di attuare la nostra costituzione. Quanto al fatto che,
se si realizzasse, tutto andrebbe per il meglio nella città in cui entrasse in vigore, io dico anche quello che tu tralasci, e
cioè che i guerrieri combatterebbero nel modo più valoroso senza abbandonarsi mai l'un l'altro, poiché si conoscono e si
chiamano a vicenda coi nomi di fratelli, padri, figli.
Se poi anche il sesso femminile combattesse insieme con loro, schierato sia nella stessa fila sia dietro, per spaventare i
nemici e per accorrere in aiuto nel caso si rendesse necessario, so che in ragione di tutto questo sarebbero invincibili; e
vedo anche tutti i vantaggi, qui omessi, di cui godrebbero in periodo di pace. Ma dal momento che io riconosco tutti
questi vantaggi e infiniti altri, se questa costituzione si realizzasse, non parlarne più; ora piuttosto cerchiamo di
convincerci che essa è realizzabile e vediamo come può essere attuata, mandando tanti saluti al resto».
«Hai fatto quasi un assalto di sorpresa al mio discorso», esclamai, «e non mostri alcuna pietà per il mio indugio! Forse
non sai che ora mi stai conducendo verso la terza onda, (18) la più grossa e la più violenta, dopo che a stento sono
scampato alle prime due; ma quando l'avrai vista e udita, certo mi perdonerai se nutrivo esitazioni e timori ragionevoli a
tenere un discorso così paradossale e a intraprendere un esame approfondito».
«Quanto più parlerai così », replicò, «tanto meno ti permetteremo di eludere il discorso sull'attuabilità di questa
costituzione.
Parla, su, e non indugiare!».
«In primo luogo», cominciai, «bisogna ricordare che siamo arrivati a questo punto cercando che cos'è la giustizia e
l'ingiustizia».
«Va bene; ma che c'entra?», domandò.
«Non c'entra. Se però scopriremo che cos'è la giustizia, non esigeremo anche che l'uomo giusto non differisca in nulla
da essa, ma sia in tutto e per tutto uguale? Oppure ci accontenteremo che si avvicini il più possibile ad essa e che ne
partecipi più di chiunque altro?» «Sì », rispose, «ci accontenteremo».
«Noi cercavamo», proseguii, «che cosa fosse la giustizia in sé, se esistesse e quale potesse essere l'uomo perfettamente
giusto per avere un modello; lo stesso facevamo con l'ingiustizia e l'uomo più ingiusto, per vedere come questi due
modelli ci apparivano in rapporto alla felicità e al suo opposto e per essere costretti ad ammettere anche riguardo a noi
stessi che quanto più si è conformi ad essi, tanto più si condivide la loro sorte. Ma il nostro scopo non era di dimostrare
che ciò poteva realizzarsi».
«Quello che dici è vero», confermò.
«Credi allora che sia meno bravo quel pittore che dopo aver dipinto l'esemplare dell'uomo più bello e aver dato al
quadro la massima perfezione, non sappia dimostrare che un tale uomo può esistere?» «No di certo, per Zeus!», esclamò.
«E allora? Non abbiamo costruito anche noi, per così dire, un modello teorico di città buona?» «Certamente».
«Credi dunque che le nostre parole valgano meno, se non riusciremo a dimostrare che è possibile governare una città
nel modo che abbiamo esposto?» «Certo che no».
«Questa è la verità», dissi. «Ma se per farti piacere dobbiamo anche impegnarci a dimostrare in che modo e attraverso
quale via il nostro progetto ha le maggiori possibilità di essere realizzato, per questa dimostrazione devi farmi di nuovo le
stesse concessioni».
«Quali?» «è possibile realizzare qualcosa come la si enuncia, oppure è una legge di natura che l'agire si avvicini alla
verità meno della parola, anche se qualcuno non la pensa così ? Tu ne convieni oppure no?» «Ne convengo», rispose.
«Non costringermi dunque a dimostrare che le nostre teorie devono realizzarsi in tutto e per tutto anche nella realtà;
ma se riusciremo a scoprire che si può governare una città nel modo più vicino a quello da noi esposto, di' pure che
abbiamo trovato la possibilità di realizzare tutto ciò che pretendi. Non ti accontenterai di questo risultato? Per conto mio
ne sarei soddisfatto».
«Anch'io», rispose.
«Passiamo ora all'analisi di quello che sembra il problema successivo e cerchiamo di dimostrare quale difetto
caratterizza le città che non sono governate come la nostra, e quale minimo cambiamento (meglio se uno solo, altrimenti
due, o al limite il minor numero possibile e della minima incidenza) può condurre una città verso il nostro sistema di
governo».
«Senz'altro», approvò.
Platone, "Repubblica", libro V
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