Giovanni Reale, studioso del pensiero greco classico, e
in particolare di Platone e di Aristotele – ma anche di Parmenide – presenta in
queste pagine uno schema dei cinque significati che Aristotele attribuisce alla
metafisica: 1) scienza delle cause e dei princípi primi; 2) scienza dell’essere
in quanto essere; 3) scienza della sostanza; 4) scienza teologica; 5) scienza
della Verità. Quest’ultima definizione, ovviamente, non ha una valenza
autonoma, ma si riferisce a tutte le altre.
Qual è l’oggetto intorno a cui verte il sapere metafisico secondo
Aristotele? Anche ad una prima lettura dei quattordici libri che trattano di
questo sapere, si nota chiaramente che Aristotele ha dato quattro risposte, piú
una quinta che egli introduce in un contesto particolare, per poi ridurla tosto
alle altre. Ecco le cinque risposte.
1) La metafisica è una scienza che verte sulle cause e sui princípi primi
o supremi. Infatti, ogni scienza è appunto tale nella misura in cui supera il
livello della mera constatazione empirica delle cose per scoprire le cause
delle cose stesse. E le cause delle cose sono i princípi che le costituiscono,
le ragioni che le determinano. Tutte le scienze, dunque, sono scienze di cause,
di cause particolari di fenomeni particolari. La metafisica si differenzia da
tutte le altre perché non mira alle cause particolari ma, come abbiamo già
detto, alle cause prime o supreme, le quali sono le cause
generali che spiegano non questo o quell’ente, questo o quel settore
particolare, bensí la totalità delle cose, il complesso della realtà, il tutto,
l’intero. La metafisica è, dunque, il tentativo che l’uomo compie di rispondere
alla domanda sul perché ultimo di tutte le cose.
2) Nel libro IV Aristotele, mutando angolatura, ci parla della metafisica
come scienza dell’essere e, piú precisamente, dell’essere in quanto essere.
Anche in questo caso, il confronto con le altre scienze torna utilissimo. Ogni
scienza particolare studia, ovviamente, ciò che è, ossia un essere,
ma, appunto, un solo settore dell’essere, una parte sola della realtà,
non la realtà in quanto totalità. Il metafisico, invece, studia la realtà in
quanto tale, vale a dire nella sua totalità, ossia l’intero
dell’essere. Ma – e questo è un punto particolarmente importante da
rilevare – studiare l’essere in quanto essere, ossia studiare l’intero
dell’essere, vuol dire non solo limitarsi a descrivere l’essere, a fare
una fenomenologia dei diversi significati dell’essere, ma significa giungere a
comprendere “le cause dell’essere in quanto essere”, ossia i princípi
dell’essere come tale, vale a dire l’intero e i suoi fondamenti. Come ben si
vede, non solo questa definizione concorda con la prima, ma la chiarifica e
l’approfondisce.
3) Nei libri centrali emerge, poi, un ulteriore concetto di metafisica
come “scienza della sostanza”. Ora, la parola “sostanza” traduce il greco ousía
che, alla lettera, vorrebbe dire “essentità”. La “sostanza” o ousía
sarebbe, dunque, il senso principale ed essenziale dell’essere. Che anche
questa definizione concordi con le precedenti, illuminando secondo una
ulteriore prospettiva l’oggetto della metafisica, risulterà evidente non appena
si rifletta su quanto segue. Aristotele stesso dice che, avendo l’essere molteplici
significati, la risposta adeguata alla domanda che cos’è l’essere si
potrà avere, fondamentalmente, studiando l’essere nel suo significato
principe, che è appunto la “sostanza” o “essentità”. Inoltre, daccapo,
studiare la sostanza (l’essere come sostanza) significa trovare le cause e i
princípi della sostanza, e le cause e i princípi della sostanza sono le cause e
i princípi dell’essere principale. Pertanto, le cause della sostanza sono le
cause prime o supreme, col che ritroviamo non solo la seconda ma anche la prima
definizione, con le quali questa terza concorda perfettamente.
4) Una quarta definizione (che ritroviamo formalmente espressa nei libri
VI e XI, e, poi, svolta nel XII) caratterizza la metafisica come “teologia” o
“scienza teologica”. Questa definizione è implicita nelle pieghe di tutte le
altre, e Aristotele stesso lo rileva senza mezzi termini. Studiare le cause
prime significa anche cercare Dio, giacché “tutti ammettono che Dio sia una
causa e un principio”. Il metafisico che studia l’essere in quanto essere
(l’intero dell’essere) è diverso dal fisico e “sta piú in su del fisico”,
perché fa oggetto della sua indagine non solo il genere fisico dell’essere ma
anche il genere dell’essere che è superiore a questo, ossia l’essere della
sfera del divino. E anche lo studio della sostanza sbocca nella teologia,
perché studiare la sostanza significa, oltre che domandarsi che cosa sia la
sostanza in generale o quali siano i suoi princípi in generale, anche
domandarsi se esistano solo sostanze di tipo fisico oppure anche altre al di
sopra di quelle fisiche e quali queste siano. Il che significa domandarsi se
esista o no un divino trascendente, che è, appunto, problema teologico.
5) Nel libro II, infine, la metafisica è definita anche come “scienza
della verità”. Ma tosto Aristotele precisa che conoscere il vero significa
“conoscere la causa” e, in particolare, che conoscere la verità metafisica
significa conoscere la cause che fanno essere vere le altre cose che da esse
dipendono. Le cause piú vere sono le cause supreme e, dunque, anche Dio e il
Divino. La verità di cui parla qui Aristotele è, poi, identificata con l’essere
stesso, dato che, come egli espressamente rileva, “ogni cosa possiede tanto di
verità quanto possiede di essere”. Sicché “Verità”, nel senso di questo
contesto, è termine che copre esattamente quell’area semantica coperta dalle
quattro definizioni di metafisica sopra illustrate, e, quindi, la definizione
della metafisica come scienza della verità non esprime una nuova definizione
ma semplicemente chiarisce che l’oggetto della metafisica non è una
particolare verità (come può essere quella delle scienze particolari) ma
è la Verità ultima.
(G. Reale, Introduzione ad
Aristotele, Metafisica, Rusconi, Milano, 19942, pagg. XII-XIII)