Il rapporto tra struttura psichica e struttura politica e
sociale costituisce un tema centrale nella riflessione di W.Reich (1897-1957) ;
egli individua nel fascismo “l’espressione politicamente organizzata della
struttura caratteriale umana media” in quanto costituisce “l’atteggiamento
fondamentale dell’uomo autoritariamente represso dalla civiltà delle macchine”.
W. Reich, La psicologia di
massa del fascismo, Prefazione alla III edizione del 1932
Da quando la primitiva organizzazione
democratico-lavorativa è definitivamente tramontata, il nucleo biologico non ha
piú trovato un’espressione sul piano sociale. Ciò che è a naturale” ed
“elevato” nell’uomo, ciò che lo lega al suo cosmo, ha trovato soltanto
nell’arte, soprattutto nella musica e nella pittura, un’autentica espressione.
Ma finora non ha esercitato alcuna sostanziale influenza sulla formazione della
società umana, se per società si intende non la cultura di un ristretto gruppo
di persone ricche appartenenti alla classe dominante, ma la comunità di tutti
gli uomini.
Negli ideali etici e sociali del liberalismo si possono
riconoscere i tratti dello strato caratteriale superficiale, caratterizzato
dall’autocontrollo e dalla tolleranza. Questo liberalismo accentua la propria
etica al fine di soffocare “il mostro nell’uomo”, il secondo strato delle
“pulsioni secondarie”, “l'inconscio” di Freud. La naturale socialità del terzo
e piú profondo strato, dello strato in cui ha sede il nucleo biologico
dell'uomo, è sconosciuta al liberale. Egli deplora e combatte il pervertimento
caratteriale umano con norme etiche, ma le catastrofi del XX secolo hanno
insegnato che non ha combinato gran che.
Tutto ciò che è veramente rivoluzionario, qualsiasi arte e
scienza autentiche, nasce dal nucleo biologico naturale dell’uomo. Né il vero
rivoluzionario né l’artista o lo scienziato finora sono riusciti a conquistare
le masse e a guidarle, e semmai vi sono riusciti, non sono stati capaci di
tenerle in modo duraturo nel campo degli interessi vitali.
Le cose stanno diversamente, rispetto al liberalismo e alla
vera rivoluzione, per quanto riguarda il fascismo. Sostanzialmente il fascismo
non rappresenta né lo strato superficiale né quello piú profondo, ma il secondo
strato caratteriale intermedio delle pulsioni secondarie.
Nel periodo in cui ero occupato con la prima stesura di
questo libro, il fascismo veniva generalmente considerato un “partito politico”
che come altri “raggruppamenti sociali” esprimeva in modo organizzato un’“idea
politica”. Di conseguenza “il partito fascista introduceva il fascismo o con la
forza o con “manovre politiche””.
Contrariamente a tutto ciò, le mie esperienze mediche fatte
con molte persone appartenenti ai piú disparati strati sociali, razze, nazioni,
religioni ecc. mi avevano insegnato che il “fascismo” non è altro che
l’espressione politicamente organizzata della struttura, caratteriale umana
media, di una struttura che non è vincolata né a determinate razze o nazioni né
a determinati partiti, ma che è generale ed internazionale. Secondo il
significato caratteriale “il fascismo” è l’atteggiamento emozionale
fondamentale dell’uomo autoritariamente represso dalla civiltà delle macchine e
dalla sua concezione meccanicistico-mistica della vita.
Il carattere meccanicistico-mistico degli uomini del nostro
tempo crea i partiti fascisti e non viceversa.
Ancor oggi, in seguito a un errato pensiero politico, il
fascismo viene considerato una specifica caratteristica nazionale dei tedeschi
o dei giapponesi. Da questa prima concezione sbagliata conseguono tutte le
altre interpretazioni erronee.
Il fascismo è stato e continuerà ad essere considerato, a
danno degli autentici sforzi per raggiungere la libertà, la dittatura di una
piccola cricca reazionaria. L’ostinazione con cui si continua a sostenere
questo errore è da attribuire alla paura di rendersi conto di come stanno
veramente le cose: il fascismo è un fenomeno internazionale che corrode
tutti i gruppi della società umana di tutte le nazioni. Questa
conclusione trova la sua conferma negli avvenimenti internazionali degli ultimi
quindici anni.
Le mie esperienze analitico-caratteriali mi convinsero
invece che oggi non esiste assolutamente nessuno che non porti in sé gli
elementi del modo di pensare e sentire fascista. Il fascismo come movimento
politico si differenzia da altri partiti reazionari per il fatto che viene
sostenuto e diffuso dalle masse umane.
Mi rendo perfettamente conto dell’enorme responsabilità che
deriva da simili affermazioni. Augurerei, nell’interesse del nostro mondo
tormentato, che le masse lavoratrici si rendessero conto con altrettanta
chiarezza della loro responsabilità per quanto riguarda il fascismo.
Bisogna distinguere rigorosamente fra normale militarismo e
fascismo. La Germania guglielmina era militarista, ma non fascista.
Poiché il fascismo si manifesta sempre e ovunque come un
movimento sorretto dalle masse umane, tradisce tutti i tratti e tutte le
contraddizioni della struttura caratteriale delle masse umane: non è, come si
crede generalmente, un movimento puramente reazionario, ma costituisce un
amalgama tra emozioni ribelli e idee sociali reazionarie.
Se per rivoluzione si intende la ribellione razionale
contro condizioni insopportabili nella società umana, la volontà razionale di
“andare a fondo a tutte le cose” (“radicale” – “radix” – “radice”) e di
migliorarle, allora il fascismo non è mai rivoluzionario. Non vi è dubbio che
esso può fare la sua comparsa ammantato di sentimenti rivoluzionari. Ma non si chiamerà
rivoluzionario quel medico che combatte con sfrenate imprecazioni una malattia,
ma al contrario quello che con calma, coraggiosamente e coscienziosamente,
cerca e combatte le cause della malattia. La ribellione fascista nasce sempre
laddove una emozione rivoluzionaria viene trasformata in illusione per paura
della verità.
Il fascismo, nella sua forma piú pura, è la somma di tutte
le reazioni irrazionali del carattere umano medio. Il sociologo ottuso,
a cui manca il coraggio di riconoscere il ruolo predominante della
irrazionalità nella storia dell’umanità, considera la teoria fascista della
razza soltanto un interesse imperialistico, per dirla con parole piú blande, un
“pregiudizio”. Lo stesso dicasi per il politico irresponsabile e retorico.
L’intensità e la vasta diffusione di questi “pregiudizi razziali” sono la prova
che essi affondano le loro radici nella parte irrazionale del carattere umano.
La teoria della razza non è una creazione del fascismo. Al contrario: il
fascismo è una creazione dell’odio razziale e la sua espressione politicamente
organizzata. Di conseguenza esiste un fascismo tedesco, italiano, spagnolo,
anglosassone, ebreo ed arabo. L’ideologia razziale è una tipica espressione
caratteriale biopatica dell’uomo orgasticamente impotente.
Il carattere sadico-pervertito dell’ideologia razziale
tradisce la sua natura anche nel suo atteggiamento di fronte alla religione. Si
dice che il fascismo sarebbe un ritorno al paganesimo e il nemico mortale della
religione. Ben lungi da ciò, il fascismo è l’estrema espressione del misticismo
religioso. Come tale si manifesta sotto una particolare forma sociale. Il
fascismo appoggia quella religiosità che nasce dal pervertimento sessuale, e
trasforma il carattere masochista della religione della sofferenza dell’antico
patriarcato in una religione sadica. Di conseguenza traspone la religione
dall’aldilà della filosofia della sofferenza nell’aldiqua dell’omicidio sadico.
La mentalità fascista è la mentalità dell’“uomo della
strada” mediocre, soggiogato, smanioso di sottomettersi ad un’autorità e allo
stesso tempo ribelle. Non è casuale che tutti i dittatori fascisti escano dalla
sfera sociale del piccolo uomo della strada reazionario. Il grande industriale
e il militarista feudale approfittano di questa circostanza sociale per i
propri scopi, dopo che questi si sono sviluppati nell’ambito della generale
repressione vitale. La civiltà meccanicistica ed autoritaria raccoglie, sotto
la forma di fascismo, solo dal piccolo borghese represso ciò che da secoli ha seminato,
come mistica mentalità del caporale di giornata e automatismo fra le masse
degli uomini mediocri e repressi. Questo piccolo borghese ha copiato fin troppo
bene il comportamento del grande e lo riproduce in modo deformato e
ingigantito. Il fascista è il sergente del gigantesco esercito della nostra
civiltà profondamente malata e altamente industrializzata. Non si può far
vedere impunemente all’uomo comune il grande tam tam dell’alta politica: il
piccolo sergente ha superato il generale imperialista in tutto: nella musica di
marcia, nel passo dell’oca, nel comandare e nell’obbedire, nella mortale paura
di dover pensare, nella diplomazia, nella strategia e nella tattica, nelle
divise e nelle parate, nelle decorazioni e nelle medaglie. Un uomo come l’imperatore
Guglielmo si rivelò in tutte queste cose un miserabile dilettante rispetto a
Hitler figlio di un funzionario e morto di fame. Quando un generale
“proletario” si copre il petto da ambo le parti con medaglie, e perché
no, dalla gola fino all’ombelico, dimostra cosí al piccolo uomo comune che non
intende essere da meno del “vero” e grande generale.
Solo dopo aver studiato a fondo e per anni il carattere del
piccolo uomo comune represso, e le cose come si svolgono realmente dietro le
quinte, è possibile comprendere su quali forze poggia il fascismo.
Nella ribellione delle masse di animali umani maltrattati
contro le insignificanti cortesie del falso liberalismo (non intendo il
vero liberalismo e la vera tolleranza) apparve lo strato
caratteriale delle pulsioni secondarie.
Non è possibile rendere inoffensivo l’energumeno fascista
se lo si cerca, a seconda della congiuntura politica, soltanto nel tedesco o
nell’italiano e non anche nell’americano o nel cinese; se non lo si rintraccia
nel proprio essere; se non si conoscono le istituzioni sociali che lo
covano ogni giorno.
Si può battere il fascismo soltanto se lo si affronta
obiettivamente e praticamente con una approfondita conoscenza dei
processi vitali. Nessuno è capace di imitarlo in fatto di manovre politiche,
abilità nel destreggiarsi nei rapporti diplomatici, e organizzazione delle
parate. Ma non sa rispondere a questioni vitali pratiche, perché vede
tutto nell’immagine riflessa dell’ideologia e sotto forma della divisa dello
stato.
Quando un carattere fascista di qualsiasi colorazione si
mette a predicare “l'onore della nazione” (anziché l’onore dell’uomo) o a la
salvezza della sacra famiglia e della razza” (anziché la comunità dell’umanità
che lavora); quando monta in superbia e quando dalla sua bocca non escono che
slogans, allora gli si chieda pubblicamente, e con la massima calma e
semplicità:
“Che cosa fai praticamente per dar da mangiare alla nazione
senza assassinare altre nazioni? Che cosa fai come medico contro le malattie
croniche, che cosa fai come educatore per favorire la gioia di vivere dei
bambini, che cosa fai come economista contro la miseria, che cosa fai come
assistente sociale contro il logoramento delle madri con tanti figli, che cosa
fai come costruttore per sviluppare l’igiene delle abitazioni? Ora, cerca di
non parlare a vanvera e cerca di dare una risposta concreta e pratica,
altrimenti tieni chiuso il becco!”
Da ciò consegue che il fascismo internazionale non potrà
mai essere battuto con manovre politiche. Soccomberà alla naturale
organizzazione del lavoro, dell’amore e del sapere su scala internazionale.
Il lavoro, l'amore e il sapere della nostra società non
hanno ancora il potere di determinare l’esistenza umana. Piú ancora, queste
grandi forze del principio vitale positivo non sono consapevoli della loro
immensità, della loro insostituibilità e della loro determinante importanza per
l’esistenza sociale. Per questo motivo la società umana si trova oggi, un anno
dopo la vittoria militare sui partiti fascisti, ancora piú vicina all’orlo
dell’abisso. Il crollo della nostra civiltà sarà inarrestabile se i
responsabili del lavoro, gli scienziati di tutte le ramificazioni vitali (e non
mortali) e i donatori e i beneficiari dell’amore naturale tarderanno a rendersi
conto della loro gigantesca responsabilità.
Ciò che è vivo può esistere senza il fascismo, ma il
fascismo non può vivere senza ciò che è vivo. Il fascismo è il vampiro
avvinghiato al corpo dei viventi che sfoga i suoi impulsi omicidi quando
l’amore si ridesta in primavera invocando la naturale realizzazione.
“La libertà umana e sociale, l'autogoverno della nostra
vita e della vita dei nostri discendenti si realizzerà in modo pacifico o
violento?”. Nessuno è in grado di dare una risposta a questa angosciosa
domanda.
Ma chi conosce le funzioni vitali nell’animale, nel
neonato, nel lavoratore dedito alla propria attività, sia che si tratti di un
meccanico, di un ricercatore o di un artista, cessa di pensare servendosi di
concetti che sono stati creati dalle malefatte dei partiti. Ciò che è vivo non
può “prendere il potere con la violenza” perché non saprebbe che farsene del
potere. Forse questa conclusione significa che la vita sarà per sempre vittima
e martire del gangsterismo politico e che il politicante continuerà a succhiare
per sempre il suo sangue? Questa conclusione sarebbe errata.
In quanto medico il mio compito è quello di guarire le
malattie. In quanto ricercatore devo svelare processi naturali sconosciuti. Se
mi si presentasse un cialtrone politico per costringermi ad abbandonare i miei
malati e il mio microscopio, non mi farei disturbare, ma lo butterei fuori
dalla porta, qualora non se ne andasse di sua spontanea volontà. Il fatto di
dover ricorrere alla violenza per difendere il mio lavoro e i miei studi sulla
vita umana dagli intrusi non dipende da me o dal mio lavoro, ma dal grado di
impudenza dell’intruso. Proviamo a immaginare ora che tutti quelli che svolgono
una attività che investe la vita umana riconoscano in tempo utile il
cialtrone politico. Non agirebbero diversamente. Forse questo esempio
semplificato può dare una risposta parziale alla domanda sul modo con cui prima
o poi dovrà essere difesa la vita contro gli intrusi e i distruttori.
W. Reich, Psicologia di massa
del fascismo, Mondadori, Milano, 1967, pagg. 10-14