L'interpretazione
del Rinascimento fornita da Antonio Rosmini manifesta quella opposizione
radicale all'illuminismo propria della cultura cattolica ottocentesca. Il
favore con il quale i principi (soprattutto tedeschi) accolsero nel XVI secolo
i movimenti di riforma si può spiegare - osserva Rosmini - con la loro
incapacità di cogliere la portata eversiva dell'eresia protestante che, oltre a
cancellare il predominio della Chiesa, avrebbe trasformato i costumi e rovesciato
i troni.
A.
Rosmini, Le cinque piaghe della Chiesa
Ma la
sconfitta di Roma negli animi impresse disposizioni a lei sí contrarie che la
Chiesa di Gesú Cristo ne rimase oltremodo indebolita. Questa incostanza fu
quella che sommamente favorí le eresie del secolo XVI: queste trovarono i
principi allassati e illanguiditi nella stima e nell'amore della Santa Sede,
perché di lei scandalizzati, però non disposti a sostenerla; se non anco lieti
di vedere brulicare degli audaci ribelli di mezzo al clero stesso contro i
papi, che intonassero libertà da di sotto al giogo vecchio e noioso. Quella
libertà intanto che veniva intonata, era licenza: e diceva di piú che i
principi non potessero intendere allora: era l'indipendenza della ragione
naturale da ogni rivelazione positiva: era quel razionalismo fatale che, come
un germe di morte, venne sviluppandosi gli anni vegnenti nella pianta
dell'incredulità, la quale aduggiò la terra, mutò i costumi sociali, scrollò i
troni, e rese pensosa l'umanità sui suoi futuri destini [...].
(Grande
Antologia Filosofica, Marzorati, Milano, 1964, vol. VI, pag. 139)