Rosmini, Sull’idea dell’essere

Per Rosmini l’idea dell’essere è il vertice del processo astrattivo del pensiero, al di là del quale è impossibile il pensare stesso.

 

A. Rosmini, Nuovo saggio sull’origine delle idee

 

409. L’idea dunque universalissima di tutte, che è anche l’ultima delle astrazioni, è l’essere possibile, che si esprime semplicemente nominandolo idea dell’essere.

 

ARTICOLO V

L'UOMO NON PUO' PENSARE A NULLA

SENZA L'IDEA DELL'ESSERE

DIMOSTRAZIONE

 

4l0. Per poco che si consideri questa proposizione, ella si dee trovar evidente da chicchessia; tuttavia pochi l’anno bene considerata.

I moderni filosofi... si occuparono tutti ad analizzare le facoltà dello spirito, e poco si trattennero ad analizzare il prodotto delle medesime, cioè le umane cognizioni. All’incontro l’analisi di queste ultime dee precedere l’analisi delle facoltà: chè queste non si conoscono che dai loro effetti, che sono le cognizioni umane. Conviene dunque dall’esame delle cognizioni salire all’investigazione delle facoltà; il contrario di quanto fecero il Locke, il Condillac, e in generale tutta quella scuola che mette mano subitamente a ragionare delle facoltà, e da quelle discende alle cognizioni.

Questa inversione nel metodo è forse il fonte principale de’ loro errori.

Pigliando io adunque il cammino contrario, mossi dagli effetti, e tolsi ad analizzare ciò che si conosce come un fatto, tentando la via di salir da quello alla causa, cioè a fermare le facoltà atte e necessarie a produrre in tutte le sue parti la umana cognizione.

4ll. Ora l’analisi di qualunque nostra cognizione ci dà per risultamento costante la proposizione sopra posta, che “l’uomo non può pensare a nulla senza l’idea dell’essere”.

E veramente non v’ha cognizione, né pensiero che possa da noi concepirsi, senza che si trovi in esso mescolata l’idea dell’essere.

L’esistenza è di tutte le qualità comuni delle cose la comunissima ed universalissima.

Pigliate qualunque oggetto vi piaccia, cavate da lui coll’astrazione le sue qualità proprie, poi rimovete ancora le qualità meno comuni, e via via le piú comuni ancora: nella fine di tutta questa operazione, ciò che vi rimarrà per ultima qualità di tutte, sarà l’esistenza: e voi per essa potrete ancora pensare qualche cosa, penserete un ente, sebbene sospenderete il pensiero del suo modo d’esistere. Questo vostro pensiero non avrà piú per oggetto che un ente perfettamente indeterminato, perfettamente incognito nelle qualità sue, una x; ma questa sarà ancora qualche cosa, perché l’esistenza, sebbene indeterminata, vi rimane: non è in tal caso il nulla l’oggetto del vostro pensiero, perché nel nulla non si concepisce esistenza né pur possibile; e voi pensate che esiste o può esistere un ente, il quale avrà certo tutte quelle qualità che a lui sono necessarie acciocché esista, sebbene queste a voi sieno incognite, o in somma non ci pensiate: e questo è pure un’idea, sebbene al tutto indeterminata.

All’incontro, se dopo aver tolte via da un ente tutte le altre qualità, si le proprie come le comuni, togliete via ancora la piú universale di tutte, l’essere; allora non vi rimane piú nulla nella vostra mente, ogni vostro pensiero è spento, è impossibile che voi piú abbiate idea alcuna di quell’ente:

Togliamo in esempio l’idea concreta di Maurizio nostro amico.

Quando dall’idea concreta di quest’amico voglio rimovere ciò che v’ha di proprio e d’individuale, egli non mi resta piú l’idea di Maurizio, non piú l’idea del mio amico; la parte piú cara è rimossa dalla mia mente; non mi resta piú in questa, che l’idea comune di un uomo. Ma dopo questa prima astrazione ne fo un’altra, astraggo le qualità proprie dell’uomo. Per questa seconda operazione del mio spirito, l’ente a cui io penso, già non è piú né manco un uomo: in esso non c’è piú né ragione né libertà, costitutivi dell’uomo: l’idea che mi resta è un’idea piú generale, è l’idea di un animale. Procedendo a notomizzare e rescindere da questa idea altre qualità, io posso allo stesso modo astrarre colla mia mente dalle qualità proprie dell’animale: che mi resta allora? L’idea di un puro corpo privo di sensibilità, dotato solo di vegetazione. Voglio ancora colla mente mia togliere da lui ogni organizzazione, ogni vegetazione, e fissare la mia attenzione unicamente sopra ciò che questo corpo ha di comune co’ minerali: la mia idea è divenuta in tal modo l’idea di un corpo in genere: tuttavia ella è ancora. Voglio io finalmente non badare coll’attenzione mia né pure a ciò che ha di proprio il corpo: allora quell’idea di corpo mi si cangerà nell’idea d’un ente in universale: in tutte queste diverse astrazioni la mente mia si è sempre occupata di qualche cosa, ella ha sempre pensato, ella ha avuto sempre un’idea oggetto della sua azione, sebbene un’idea sempre piú universale, fino che è pervenuta ad avere l’idea piú universale di tutte, cioè l’idea d’un ente, senza ch’egli nel mio pensiero sia da nessuna qualità cognita o da me fissata determinato. Io posso finalmente pensare che quest’ente è ente perché ha l’essere. Recata pertanto a questo estremo punto, l’astrazione non può piú proceder oltre senza che le sfugga d’innanzi ogni oggetto del pensiero, senza ch’ella distrugga in somma ogni idea nella mente. L’idea dunque dell’essere è l’universalissima, è quella che rimane dopo l’ultima astrazione possibile, è quella idea, tolta la quale è tolto interamente il pensare, ed è resa impossibile qualsiasi altra idea.

 

A Rosmini, Nuovo saggio sull’origine delle idee, Libraria Editoriale Sodalitas- Centro internazionale di studi rosminiani, Stresa, riproduzione anastatica in due volumi dell’edizione Intra del l875-l876, vol. I, pag. 440-442