La scienza e i “lumi” della
ragione non sempre hanno svolto e svolgono la funzione positiva loro
generalmente attribuita nell'ambiente illuminista: scienza e cultura, se sono
asservite al potere, rafforzano la schiavitú dell'uomo anziché aiutarlo a
liberarsi.
J.-J. Rousseau, Discorso sulle
scienze e le arti, I
Lo spirito ha le sue esigenze
come le ha il corpo. Queste ultime costituiscono le basi della società, le
prime ne sono l'ornamento. Mentre il governo e le leggi provvedono alla
sicurezza e al benessere degli uomini riuniti in società, le scienze, le
lettere e le arti, con minor dispotismo e forse con maggiore autorità, stendono
ghirlande di fiori sulle ferree catene di cui gli uomini sono gravati, soffocano
in loro il sentimento di quella libertà originaria per la quale parevano esser
nati, fanno loro amare la schiavitú cui sono soggetti, formando quelli che si
chiamano i popoli civili. La necessità ha innalzato i troni; le scienze e le
arti li hanno consolidati. Potenze della Terra, amate i talenti e proteggete
coloro che li coltivano. E voi, popoli civili, coltivateli: schiavi felici, ad
essi voi dovete quel gusto fine e delicato di cui andate fieri, quella mitezza
di carattere e quella urbanità di costumi che rendono fra voi i rapporti cosí
facili e agevoli; in una parola, le apparenze di tutte le virtú senza averne
alcuna. [...]
Prima che l'arte educasse le
nostre maniere e insegnasse alle nostre passioni a esprimersi in un linguaggio
elaborato, i nostri costumi erano rustici ma naturali; e la differenza dei
comportamenti rivelava al primo colpo d'occhio quella dei caratteri. La natura
umana non era, in fondo, migliore; ma gli uomini trovavano la propria sicurezza
nella facilità di comprendersi reciprocamente; e questo vantaggio, di cui oggi
non apprezziamo piú il valore, risparmiava loro molti vizi.
Oggi che ricerche piú sottili e
un gusto piú raffinato hanno ridotto a sistema l'arte di compiacere, nei nostri
costumi regna una vile e ingannevole uniformità e tutti gli spiriti sembrano
esser stati formati con il medesimo stampo: ad ogni istante le buone maniere
impongono le loro esigenze, la convenienza i suoi obblighi; si seguono sempre
le usanze e mai la propria indole. Non si ha piú il coraggio di apparire quali
si è, e in questo stato di costrizione incessante gli uomini, che formano il
gregge chiamato società, faranno tutti, posti nelle medesime circostanze, le
medesime cose, a meno che motivi piú forti non li orientino diversamente. Non
si saprà quindi mai bene con chi si ha a che fare: per riconoscere un amico
occorrerà pertanto attendere le grandi occasioni, cioè attendere quando sarà
troppo tardi, poiché è proprio in vista di queste occasioni che sarebbe stato
essenziale conoscerlo.
Quale corteo di vizi non
accompagnerà siffatta incertezza? Non piú amicizie sincere, non piú vera stima,
non piú serena fiducia. I sospetti, i dubbi, i timori, la freddezza, il
riserbo, l'odio, il tradimento si celeranno continuamente sotto questo schermo
uniforme e perfido di cortesia, sotto quella urbanità tanto vantata di cui
andiamo debitori ai lumi del nostro secolo.
(Grande Antologia Filosofica,
Marzorati, Milano, 1968, vol. XV, pagg. 870-871)