Carlo
Rubbia, premio Nobel per la fisica nel 1984, è fisico ricercatore del CERN di
Ginevra. Proponiamo la parte conclusiva di un suo articolo sulla divulgazione
scientifica, nel quale - accanto ai grandi meriti di Galileo come divulgatore
(primo fra tutti quello della chiarezza) - si mettono in evidenza anche i suoi
limiti (primo fra tutti l'eccessiva fiducia in se stesso).
C.
Rubbia, Galileo e la divulgazione della scienza
In un
momento di grande necessità di divulgazione scientifica, Galileo va certamente
ammirato come un grande. Il suo modo esemplare di spiegare come procede la
scienza dovrebbe invogliarci a scrivere di piú di scienza, sfruttando i
numerosissimi esempi a cui pensiamo. Non è forse entusiasmante condividere
questa nostra conoscenza con il pubblico piuttosto che elencare semplicemente
una serie di risultati? Per i non scienziati sono certamente piú utili gli
esempi che una serie di formule elencate per essere usate come ricette. La
storia non si ripete, ma a volte inciampa. Se non informiamo adeguatamente il
pubblico su cos'è veramente la scienza, rischiamo seriamente di trovarci di
fronte a reazioni irrazionali ed emotive contro la scienza. Non dobbiamo
dimenticare che viviamo in un mondo (moderno) in cui i libri di astrologia sono
estremamente popolari! Alcuni aspetti mal compresi delle scienze ambientali o,
peggio ancora, dell'ingegneria genetica potrebbero sferrare un brutto colpo al
sostegno per la scienza. La missione di Galileo nel lasciare Padova, andando
incontro alla lunga lotta che seguí, è molto simile alla missione di
divulgazione che ci attende oggi, e forse anche alle difficoltà che potremmo
incontrare un giorno, benché il contesto sia molto diverso. Dobbiamo certamente
imparare dai successi e l'abilità di Galileo, ma anche dai suoi errori e
fallimenti.
Galileo
aveva ragione su molti argomenti, ma non su tutti. Era estremamente sicuro di
sé e, per questo motivo, amava troppo entrare in polemica, certo com'era di
vincere sempre. [...] Come riportato nella cronaca di quegli anni, “prima di
ribattere alle obiezioni, egli era uso amplificarle e rafforzarle con nuovi
argomenti che le facessero sembrare molto forti, per poi farle cadere
all'improvviso portando ulteriore ridicolo sui suoi detrattori”. Nelle sue
opere piú polemiche, e in particolare ne Il Saggiatore, si allontana
alquanto dalla logica attenta delle opere puramente scientifiche. Ad esempio,
la distinzione tra qualità primarie e qualità secondarie del linguaggio, che
caratterizzano la formulazione della scienza (primaria!), destinata a restare
per sempre, dal linguaggio comune (secondario), utilizzato solo per descrizioni
intuitive, destinato a scomparire una volta ottenuta la conoscenza scientifica,
è eccessiva. Galileo sosteneva che Dio, che conosce perfettamente le due
lingue, avrebbe preferito usare la seconda quando rivelò per la prima volta
alcuni aspetti del creato all'uomo, ma che le immagini meramente allegoriche di
questa lingua avrebbero dovuto essere sostituite gradualmente dalla vera lingua
di Dio, sempre piú accessibile attraverso la logica della scienza. Sperava cosí
di raccogliere il sostegno della Chiesa, ma non fece che provocarne l'ira.
Infatti, pur rimanendo il piú grande scienziato, incontrò oratori di maggior
talento quanto a pura metodologia.
Ma
possiamo ammirarlo anche quando sbaglia. Mentre sosteneva su basi deboli la sua
teoria delle maree, e anche quando mancò la capillarità nella sua teoria dei
galleggianti, la sua logica nella definizione corretta del sistema al quale
applicare le proprietà resta una pietra miliare della scienza moderna. E che
dire del suo commento conclusivo al dibattito sulla perfetta sfericità della
Luna, come si doveva per ogni corpo celeste, nonostante le montagne che aveva
visto, e che non erano piú messe in discussione come risultato artificiale del
telescopio? A chi aveva obbiettato che poteva esserci una sostanza trasparente
sulla Luna, che la rendeva perfettamente sferica, rispondeva: “Bellissima
invenzione. Purtroppo le manca la proprietà di essere provata o solo quella di
essere provabile”.
Nel
divulgare la scienza Galileo cercava di risvegliare lo spirito scientifico
moderno nelle menti del maggior numero possibile di persone. Cercò di portare
la scienza fuori dalla cerchia ristretta degli scienziati facendone un fenomeno
di interesse generale che permeasse tutti i livelli della società. E mise
un'energia straordinaria in questo tentativo. Fu coraggioso, spesso troppo
temerario per i suoi tempi e per le sue conoscenze. Ma rimane un esempio
splendido di quanto possa e debba essere fatto nel nostro compito di promuovere
la scienza. Imitiamolo in maniera piú umile ma ugualmente infaticabile.
(In Galileo
journal, Giornale di scienza e problemi globali, Anno I, n. 1 - Maggio
1996, http://www.galileo.webzone.it)