ROUSSEAU, LO STATO CIVILE (CONTRATTO SOCIALE)

Libro Primo -Capitolo VIII - Lo stato civile

Questo passaggio dallo stato di natura allo stato civile produce nell'uomo un cambiamento di grande rilievo inserendo nella sua condotta il concetto di giustizia in luogo dell'istinto e dando alle azioni umane quel valore morale, di cui esse erano prive in precedenza. È solamente allora - subentrando la voce del dovere al puro impulso fisico, e il diritto al desiderio - che l'uomo, il quale fino a quel momento non aveva considerato che se stesso, si vede costretto ad agire in base ad altri principi e a consultare la ragione prima di ascoltare le sue tendenze. Per quanto in questo nuovo stato egli perda parecchi dei vantaggi che gli derivavano dallo stato di natura, tuttavia ne guadagna di così grandi, le sue facoltà si applicano e si sviluppano, il campo delle sue idee si allarga, i suoi sentimenti si nobilitano, l'intera sua anima si eleva in modo tale che, se gli abusi di questa nuova condizione non lo degradassero spesso sotto il livello dal quale era uscito, egli dovrebbe benedire continuamente il momento felice in cui fu strappato dallo stato di natura e in cui si trasformò da animale stupido e ottuso in un essere intelligente e in un uomo.

 

Vediamo di fare di tutto ciò un bilancio con dei termini di facile paragone. Col contratto sociale l'uomo perde la sua libertà naturale e un diritto illimitato a tutto ciò che lo tenta e che egli può raggiungere; guadagna invece la libertà civile e la proprietà di quanto possiede. Per non ingannarsi in queste compensazioni, bisogna distinguere la libertà naturale, che ha per limiti le sole forze dell'individuo, dalla libertà civile, che è limitata dalla libertà generale, e il possesso, solo effetto della forza o del diritto del primo occupante, dalla proprietà che non può essere fondata altro che su di un titolo positivo. (...)

 

(J. J. Rousseau, Contratto sociale)