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Secondo - Capitolo IV - Limiti del potere sovrano
(...) Da quanto qui esposto si deve capire che ciò che generalizza la volontà, più che il numero dei voti, è l'interesse comune che li unisce; infatti, in questo ordinamento, ciascuno per necessità si sottomette alle condizioni che impone agli altri; questo è un accordo ammirevole dell'interesse e della giustizia, accordo che dà alle deliberazioni comuni un'impronta di equità, che si vede invece svanire nelle discussioni di qualunque questione particolare, per mancanza di un interesse comune che unisca e identifichi la norma del giudice con quella della parte.
Da qualunque lato si tenti risalire ai principi si arriva sempre alla stessa conclusione e cioè a constatare che il patto sociale determina tra i cittadini una tale uguaglianza, per cui tutti si obbligano alle stesse condizioni e devono godere degli stessi diritti. In tal guisa, per la natura del patto, ogni atto di sovranità, cioè ogni autentico atto della volontà generale, obbliga o favorisce ugualmente tutti i cittadini, di modo che il corpo sovrano conosce solo l'insieme della nazione e non distingue nessuno di coloro che la compongono. Ma che cos'è veramente un atto di sovranità? Non è un accordo del superiore con l'inferiore, ma un accordo del corpo intero con ciascuno dei suoi membri: accordo legittimo perché ha per base il contratto sociale, equo perché comune a tutti, utile perché non può avere altro oggetto che il bene generale, solido perché ha, a garanzia, la forza pubblica e il potere supremo. Fino a quando i sudditi non sono sottoposti che a simili accordi, non obbediscono a nessuno, ma soltanto alla loro volontà: chiedere poi fino a qual punto rispettivamente si estendano i diritti del corpo sovrano e quelli dei cittadini, vorrebbe dire chiedere fino a qual punto costoro possono obbligarsi verso se stessi, ciascuno verso tutti e tutti verso ciascuno.(...)
(J. J. Rousseau, Contratto sociale)