ROUSSEAU, I SUFFRAGI (CONTRATTO SOCIALE)
Libro
Quarto - Capitolo II - I suffragi
(...) Vi è una sola legge che, per la sua natura, esige un
consenso unanime; è il patto sociale, perché l'associazione civile l'atto più
volontario del mondo; dato che ogni uomo è nato libero e padrone di se stesso,
nessuno può, sotto qualunque pretesto, assoggettarlo senza il suo consenso.
Decidere che il figlio d'uno schiavo nasca schiavo, è decidere che non nasca
uomo.
Se
dunque, in occasione del patto sociale, si trovano degli oppositori, la loro
opposizione non invalida il contratto, ma impedisce solo che essi vi siano
compresi: sono degli stranieri in mezzo ai cittadini. Quando lo stato è
costituito, il consenso sta nella residenza: abitare un territorio è
sottomettersi alla sovranità.
Fuori di
questo originario contratto la voce della maggioranza prevale sempre sulle
altre: è una conseguenza del contratto stesso. Ma, si chiede, come può un uomo
essere libero e contemporaneamente forzato a conformarsi a voleri che non sono i
suoi? Come possono gli oppositori essere liberi e sottoposti a leggi, cui non
han dato il loro consenso?
Rispondo
facendo notare che il problema è posto male. Il cittadino dà il suo consenso a
tutte le leggi, anche a quelle approvate suo malgrado, e anche a quelle che lo
puniscono quando osa violarne qualcuna. La volontà costante di tutti i membri
dello stato la volontà generale: è in base a questa che essi sono cittadini e
liberi.
Quando si
propone una legge nell'assemblea del popolo, ciò che si domanda ai partecipanti
non è precisamente se essi approvino o respingano la proposta, ma se la
ritengano conforme o no alla volontà generale, che è la loro volontà: ciascuno,
dando il suo voto, espone il proprio parere sulla questione e dal calcolo dei
voti si deduce la dichiarazione della volontà generale. Quando dunque prevale il
parere contrario al mio, ciò non prova altro se non che io mi ero sbagliato e
che ciò che credevo essere la volontà generale non lo era. Se avesse prevalso il
mio parere particolare, avrei fatto una cosa differente da quella che avrei
voluto: in tal caso non sarei stato libero. Questo presuppone, è vero, che tutti
i caratteri della volontà generale siano ancora nella maggioranza: quando
cessano d'esservi qualunque decisione venga presa, non vi più libertà. (...)
(J. J.
Rousseau, Contratto sociale)