ROUSSEAU, IL PAESE DELLE CHIMERE


L'impossibilità di raggiungere gli esseri reali mi lanciò nel paese delle chimere, e non ravvisando nulla d'esistente degno del mio delirio, lo nutrii di un mondo ideale, che la mia immaginazione creatrice popolò presto di esseri fatti secondo il cuor mio. Mai tale risorsa venne più a proposito, e si rivelò tanto feconda. Nelle mie estasi continue, mi inebriavo ai torrenti dei più deliziosi sentimenti mai penetrati nel cuore di un uomo. Dimenticando completamente la razza umana, mi creai compagnie di creature perfette, celesti per virtù come per beltà, di amici sicuri, teneri, fedeli, come mai ne trovai quaggiù. Presi un tal gusto a librarmi così nell'empireo, fra gli oggetti incantevoli di cui m'ero attorniato, che vi trascorsi ore e giorni senza contarli; e perdendo il ricordo d'ogni altra cosa, appena trangugiato alla svelta un boccone, ardevo di fuggire per raggiungere di corsa i miei boschetti. Quando, pronto a partire per il mondo incantato, vedevo sopraggiungere gli sciagurati mortali che venivano a trattenermi sulla terra, non potevo moderare né celare il mio dispetto, e non più padrone di me, serbavo loro un'accoglienza così brusca che si poteva definire brutale. Ciò non fece che accrescere la mia reputazione di misantropo, a causa di quanto me ne avrebbe meritata l'opposta, se si fosse letto meglio nel mio cuore. (J.-J. Rousseau Confessions, IX, O.C., I, pp. 427-428; trad.it. S.A., p. 421)

 

[…] Il paese delle chimere è il solo degno di essere abitato quaggiù, e il nulla delle cose umane è tale che salvo l’essere che esiste di per sé non esiste nulla di bello se non ciò che non esiste. (J.-J. Rousseau, Julie ou la Nouvelle Héloïse, VI, 8, O.C., II, p. 693; trad. it. Giulia o la nuova Eloisa, introduzione e commento di Elena Pulcini, Rizzoli, Milano, 1992, p. 718)

 

[…] La mia fantasia non lasciava a lungo deserta la terra così riccamente ornata. Ben presto la popolavo di figure conformi ai miei desideri, cacciando lontani opinione, pregiudizi, tutte le passioni fittizie, e trasportavo negli asili della natura uomini degni di abitarla. Mi creavo una società incantevole di cui non mi sentivo indegno. (J.-J. Rousseau, Lettre a Malesherbes, 26 janvier 1762, O.C., I, p. 1140; trad. it. S.A., p. 1097)