ROUSSEAU, il sovrano
Si vede da questa formula che l'atto di associazione racchiude un'obbligazione reciproca tra pubblico e privati, e che ciascun individuo, contrattando, per così dire, con se stesso, si trova impegnato sotto un doppio rapporto; cioè come membro del sovrano verso i privati, e come membro dello Stato verso il sovrano. [...]
Ora il sovrano, non essendo formato che degli individui che lo compongono, non ha né può avere interesse contrario al loro; per conseguenza il potere sovrano non ha affatto bisogno di un garante verso i sudditi, perché è impossibile che il corpo voglia nuocere a tutti i suoi membri; e noi vedremo più oltre che nemmeno può nuocere ad alcuno in particolare. Il sovrano, per il solo fatto che è, è sempre tutto ciò che deve essere.
Ma non è così dei sudditi verso il sovrano, al quale, nonostante il comune interesse, nulla risponderebbe dei loro obblighi, se egli non trovasse mezzi di assicurarsi della loro fedeltà.
In realtà ogni individuo può, come uomo, avere una volontà particolare contraria o dissimile dalla volontà generale, che egli ha come cittadino; il suo interesse privato può parlargli in modo del tutto diverso dall'interesse comune [...].
Affinché dunque il patto sociale non sia una vana formula, esso deve racchiudere tacitamente questo impegno, il quale solo può dar forza agli altri: che chiunque rifiuterà di obbedire alla volontà generale, vi sarà costretto da tutto il corpo; ciò che non significa altro, se non che lo si costringerà ad esser libero; perché tale è la condizione che, dando ogni cittadino alla patria, lo garantisce da ogni dipendenza personale; condizione che forma il meccanismo e il funzionamento della macchina politica, che sola rende legittime le obbligazioni civili, le quali senza di ciò sarebbero assurde, tiranniche, e soggette ai più enormi abusi.
(J.J. Rousseau, Contratto sociale)