ROUSSEAU, i suffragi
Se, dunque, al momento del patto sociale, si trovino oppositori, la loro opposizione non invalida il contratto; impedisce solo che essi vi siano compresi; sono stranieri fra i cittadini. Quando poi lo Stato sia istituito, il consenso consiste nella residenza: abitare il territorio vuol dire sottomettersi alla sovranità.
All'infuori di questo contratto primitivo, la decisione della maggioranza obbliga sempre gli altri; è una conseguenza del contratto stesso. Ma si domanda come possa un uomo essere libero e costretto a conformarsi a volontà che non siano le sue. Come sarebbero gli oppositori liberi e sottomessi a leggi, alle quali non abbian consentito?
Rispondo che la questione è posta male. Il cittadino consente a tutte le leggi, anche a quelle che sian passate contro il suo volere, e anche a quelle che lo puniscono quando osi violarne qualcuna. La volontà costante di tutti i membri dello Stato è la volontà generale; per mezzo di questa essi sono cittadini e liberi. Quando si propone una legge nell'assemblea del popolo, ciò che si domanda loro non è precisamente se approvino la proposta o se la respingano, ma se essa sia conforme o no alla volontà generale, che è la loro: ciascuno, dando il suo suffragio, esprime la sua opinione su tale questione, e dal calcolo dei voti si trae la dichiarazione della volontà generale. Quando dunque l'opinione contraria alla mia risulti prevalente, ciò non prova altro se non che io mi ero sbagliato, e che ciò che stimavo fosse la volontà generale, non era tale. Se la mia opinione particolare avesse prevalso, io avrei fatto qualcosa di diverso da ciò che avrei voluto; allora, sì, non sarei stato libero.
Ciò suppone pure, è vero, che tutti i caratteri della volontà generale siano ancora presenti nella maggioranza: quando cessino di esservi, qualsiasi partito si prenda, non vi è più libertà.
(J.J. Rousseau, Contratto sociale)