Per Sartre
esistenzialismo e marxismo mirano alla comprensione della realtà umana. Egli
loda il marxismo per la sua capacità di illuminare il processo storico, ma
critica il “conservatorismo burocratico” sovietico. Comunque per il filosofo
francese “esso rimane la filosofia del nostro tempo” ed è insuperabile allo
stato attuale delle cose.
P. Sartre, Questions de méthode, [Questioni
di metodo], in Critique de la raisson dialectique, Gallimard, Paris,
1960, trad. it. di F. Ferniani, Il Saggiatore, Milano, 1976, pagg. 92-96
Di fronte a questa doppia ignoranza, l’esistenzialismo ha potuto rinascere e mantenersi perché affermava la realtà degli uomini, come Kierkegaard affermava contro Hegel la sua propria realtà. Senonché il danese rifiutava la concezione hegeliana dell’uomo e del reale. Invece esistenzialismo e marxismo mirano allo stesso oggetto, ma mentre il secondo ha riassorbito l’uomo nell’idea, il primo lo cerca dovunque esso si trovi, al lavoro, a casa, per strada. Noi non pretendiamo certo – come faceva Kierkegaard – che quest’uomo reale sia inconoscibile. Diciamo soltanto che non è conosciuto. Provvisoriamente sfugge al Sapere, perché i concetti di cui disponiamo per comprenderlo sono presi a prestito dall’idealismo di destra o dall’idealismo di sinistra. Stiamo attenti a non confondere questi due idealismi: il primo merita il suo nome per il contenuto dei suoi concetti e il secondo per l’uso che fa oggi dei suoi. È anche vero che la pratica marxista nelle masse non riflette o riflette poco la sclerosi della teoria: ma proprio il conflitto fra azione rivoluzionaria e scolastica di giustificazione impedisce all’uomo comunista, nei paesi socialisti come nei paesi borghesi, di raggiungere una chiara coscienza di sé: uno dei caratteri piú sorprendenti della nostra epoca è che la storia si fa senza conoscersi. Si dirà probabilmente che è sempre stato cosí; ed era vero sino alla metà del secolo scorso. Insomma sino a Marx. Ma ciò che ha fatto la forza e la ricchezza del marxismo è l’essere stato il tentativo piú radicale d’illuminare il processo storico nella sua totalità. Da vent’anni, invece, la sua ombra oscura la storia: ciò perché ha cessato di vivere con essa e perché tenta, per conservatorismo burocratico, di ridurre il cambiamento a identità.
Tuttavia bisogna intenderci: questa sclerosi non corrisponde a un invecchiamento normale. È prodotta da una congiuntura mondiale di tipo particolare; lungi dall’essere esaurito, il marxismo è ancora giovanissimo, quasi nell’infanzia: ha appena cominciato a svilupparsi. Esso rimane dunque la filosofia del nostro tempo: è insuperabile perché le circostanze che l’hanno generato non sono ancora superate. I nostri pensieri, quali che siano, non possono formarsi che su questo humus; devono contenersi nella struttura che esso fornisce loro o perdersi nel vuoto o retrocedere.
Novecento filosofico e scientifico, a cura di A. Negri, Marzorati, Milano, 1991,
vol. II, pag. 350