Nell’ultima parte della sua
speculazione filosofica Schelling prende decisamente le distanze dall’idealismo
ponendo la distinzione fra filosofia negativa e positiva. La filosofia negativa
è la filosofia puramente razionale, la quale determina il modo in cui si debba
pensare la realtà. La filosofia positiva affronta concretamente il fatto
dell’esistenza e della storia.
F. W. J. Schelling, Lezioni
monachesi sulla storia della filosofia moderna
La scienza che compie questa
eliminazione dell’accidentale nei primi concetti dell’esistente, e con ciò
questa separazione dell’esistente stesso, è critica, è di specie negativa, ed
ha nel suo risultato — però soltanto nel pensiero — ciò che noi abbiamo
chiamato l’esistente stesso. Ma riconoscere che quest’ultimo esista
anche nella sua purezza, con esclusione dell’essere meramente accidentale, al
di là di questo essere, non può piú essere assunto di quella scienza negativa
ma soltanto di un’altra scienza che, in opposizione a quella, dovrà chiamarsi
positiva, e per la quale la scienza negativa ha solo ricercato l’oggetto
proprio e autentico, l’oggetto piú alto.
Io vi ho di nuovo ricondotti al
punto ove si fronteggiano da un lato la filosofia in quanto cerca ancora
il suo supremo e piú alto oggetto — ottenendone però solo il concetto mediato
logicamente (nel pensiero), senza poterne provare l’esistenza — e la filosofia
in quanto si rapporta immediatamente a questo oggetto, all’esistente superiore
ad ogni dubbio.
Ed è proprio in ciò — nel non
aver distinto filosofia negativa e filosofia positiva, e nell’aver voluto
raggiungere, con una filosofia che rettamente intesa poteva avere solo un
significato negativo, ciò che è possibile soltanto per la filosofia positiva —
che sta, come ho detto, il motivo della confusione e dell’essere selvaggio e
deserto in cui si è andati a finire cercando di rappresentare Dio come compreso
in un processo necessario, col risultato che, non potendo in tal modo procedere
oltre, si è trovato il proprio rifugio in uno spudorato ateismo. Questa
confusione ha persino impedito una benché minima comprensione di quella
distinzione.
La filosofia negativa, rettamente
intesa, porta con sé quella positiva, e, viceversa, la filosofia positiva è
possibile soltanto nei confronti di quella negativa rettamente intesa.
Quest’ultima, se circoscritta nei suoi limiti, rende quella positiva anzitutto
conoscibile, e poi non solo possibile, ma necessaria.
Grande Antologia Filosofica, Marzorati, Milano, 1971, vol.
XVIII, pag. 289