Esiste un modo di essere della
ragione che riesce ad astrarsi completamente dalla dimensione soggettiva ed
oggettiva. Esso rappresenta per Schelling il punto di vista della filosofia,
che deve eliminare le differenze e le contrapposizioni. Al di fuori della
ragione non deve rimanere nulla, perché essa è l’Assoluto.
F. W. J. Schelling, Esposizione
del mio sistema filosofico
§ 1. Spiegazione. Chiamo
ragione la ragione assoluta, o la ragione in quanto è pensata come indifferenza
totale del soggettivo e dell’oggettivo. Non è qui il luogo di giustificare il
termine qui usato, giacché importa solo di far sorgere in generale la idea che
congiungerò con questa parola.
Adunque importa soltanto di
indicare brevemente come in generale si arrivi a pensare la ragione. Vi si
perviene col riflettere a quello che nella filosofia prende il posto fra
soggettivo e oggettivo, e che deve essere evidentemente una cosa in rapporto
indifferente con tutte due. È certo che ognuno si può far un concetto della
ragione; per pensarla come assoluta, per arrivare dunque al punto di vista che
io richiedo, si deve astrarre da colui che pensa. Per colui che fa questa
astrazione, la ragione cessa immediatamente di essere qualche cosa di
soggettivo, come è presentata dalla maggior parte; anzi essa non può essere piú
pensata neanche come qualche cosa di oggettivo, giacché una cosa oggettiva o
pensata diventa possibile solo in antitesi con un soggetto pensante, e di
questo è stata fatta astrazione completa; diventa dunque per quella astrazione
il vero in sé che cade proprio nel punto d’indifferenza del soggettivo e
dell’oggettivo.
Il punto di vista della filosofia
è il punto di vista della ragione, la sua conoscenza è una conoscenza delle
cose, come sono in sé, cioè come sono nella ragione. Sta nella natura della
filosofia di eliminare totalmente tutte le cose che stanno le une dopo le altre
e le une lontane dalle altre, ogni differenza del tempo e in generale ogni
differenza che solo l’immaginazione inserisce nel pensiero, in una parola di
vedere nelle cose soltanto quello per cui esse esprimono la ragione assoluta,
non però, in quanto esse sono oggetti semplicemente di quella riflessione, che
si attacca alle leggi del meccanismo e procede nella serie temporale.
§ 2. All’infuori della ragione
non v’è nulla, e tutto è in essa.
Se la ragione è pensata cosí,
come l’abbiamo domandato nel § 1, si scorge immediatamente che nulla può essere
fuori di essa. Posto difatti che ci sia qualche cosa fuori di essa, allora ciò
o è qualche cosa per se stessa fuori di essa, ed essa è dunque in questo caso
il soggettivo, la qual cosa è contro il presupposto; oppure non è qualche cosa
per se stessa fuori di essa, e allora essa sta a questo qualcosa fuori di essa
come oggettivo a oggettivo, ed essa è dunque oggettiva, la qual cosa, però, è
di nuovo contro il presupposto (§ 1). Nulla dunque è fuori di essa, e tutto è
in essa.
Annotazione. Non vi è nessuna filosofia se
non dal punto di vista dell’Assoluto; di questo non è espresso nessun dubbio in
tutta questa esposizione; la ragione è l’Assoluto, tostoché è pensata,
come l’abbiamo determinato (§ 1): la proposizione presente vale per conseguenza
solo sotto questo presupposto.
Spiegazione. Tutte le obiezioni contro
questa proposizione potrebbero provenire solo da ciò che non si è abituati a
vedere le cose cosí come sono nella ragione, ma cosí come appaiono. Perciò non
ci occupiamo della confutazione di tali obiezioni, giacché in seguito deve
essere dimostrato che tutto ciò che è è quanto all’essenza uguale alla ragione
e con essa una sol cosa. Ed in generale la proposizione sostenuta non avrebbe
bisogno affatto di una dimostrazione o d’una spiegazione, anzi passerebbe per
un assioma, se a moltissimi non fosse del tutto ignoto, che generalmente solo
per questo può esistere qualcosa fuori della ragione, in quanto che essa
stessa, questo “qualcosa” potrebbe fuori di sé; questo però non lo fa mai la
ragione, ma solo il falso uso della ragione, il quale è congiunto con l’impotenza
di fare l’astrazione sopra richiesta e di dimenticare il soggettivo (separante,
individuale) in se stesso.
§ 3. La ragione è semplicemente
una, e semplicemente uguale a se stessa.
Se difatti questo non fosse,
dell’essere della ragione dovrebbe esservi ancora un altro fondamento che non
essa stessa, giacché essa contiene soltanto il fondamento per cui essa stessa
è, ma non quello per cui c’è un’altra ragione. La ragione non sarebbe con ciò
assoluta: ciò che è contro il presupposto. La ragione è dunque una nel senso
assoluto. Ma posto il contrario del secondo punto, cioè che la ragione non sia
uguale a se stessa, allora quello per cui essa non è uguale, a se stessa,
dovrebbe pure, non essendovi niente all’infuori di essa (praeter ipsam)
(§ 2), esser posto nuovamente in essa: dovrebbe dunque esprimere la essenza
della ragione, e, poiché inoltre ogni cosa è in sé soltanto in virtú di quello
per cui essa esprime la essenza della ragione (§ 1), anche questa cosa,
considerata in sé, o riguardo alla ragione stessa, sarebbe di nuovo uguale a
essa, una sola cosa con essa. La ragione è dunque una (non solo ad extra,
ma anche ad intra o) in se stessa, cioè è semplicemente uguale a se
stessa.
§ 4. La suprema legge per
l’essere della ragione, e, giacché nulla è fuorché la ragione (§ 2), per tutto
l’essere (in quanto è compreso nella ragione), è la legge dell’identità; la
quale riguardo a tutto l’essere è espressa da A=A. La dimostrazione si
deduce immediatamente dal § 3 e dai precedenti.
F. W. J. Schelling, Esposizione
del mio sistema filosofico, Laterza, Bari, 1969, pagg. 31-34