Schelling, come idealista,
riteneva che lo schema generale della storia fosse deducibile razionalmente, a
priori. Egli distingue tre periodi: il primo è stato vissuto come tragedia e
destino, il secondo è quello nel quale la storia appare come le leggi della
natura, il terzo si rivelerà come provvidenza.
F. W. J. Schelling, Sistema
della filosofia trascendentale
Ora, da quanto detto finora
risulta da sé quale veduta della storia sia l’unica vera. La storia nel suo complesso
è una rivelazione e una manifestazione graduale e continua dell’assoluto.
Dunque nella storia non si può mai indicare una singola parte in cui sia quasi
visibile la traccia della provvidenza, o Dio stesso. Infatti Dio non è mai, se
essere è ciò che si rappresenta nel mondo oggettivo; se egli fosse, noi
non saremmo; ma egli si rivela di continuo. L’uomo reca, per mezzo della
sua storia, una continua prova dell’esistenza di Dio, una prova che tuttavia
può esser portata a compimento solo da tutta quanta la storia. Tutto dipende
dall’intendere quell’alternativa. Se Dio è, ossia se il mondo oggettivo
è una perfetta rappresentazione di Dio, o, ciò che è lo stesso, della compiuta
coincidenza del libero con l’inconscio, allora nulla può essere altrimenti
da quello che è. Ma il mondo oggettivo non è tale. O forse ch’esso è realmente
una compiuta rivelazione di Dio? Ora, se il fenomeno della libertà è
necessariamente infinito, allora anche il completo svolgimento della sintesi
assoluta è infinito, e la storia stessa è una rivelazione mai esaurita di
quell’assoluto, che ai fini della coscienza, e quindi anche solo ai fini del
fenomeno, si scinde nel conscio e nell’inconscio, nel libero e nell’intuente,
essendo però esso stesso, nella luce inaccessibile in cui dimora,
l’eterna identità e l’eterno fondamento dell’armonia fra l’uno e l’altro.
Noi possiamo ammettere tre
periodi di quella rivelazione, e quindi anche tre periodi della storia. Il
principio della divisione ce lo danno i due opposti, il destino e la provvidenza,
tra i quali sta nel mezzo la natura, che effettua il trapasso dall’uno
all’altro.
Il primo periodo è quello in cui
ciò che è dominante, ancora come destino, cioè come forza totalmente cieca,
distrugge freddamente e inconsciamente anche le cose piú grandi e magnifiche; a
questo periodo della storia, che possiamo chiamare il periodo tragico,
appartiene il tramonto dello splendore e delle meraviglie del mondo antico, la
caduta di quei grandi imperi dei quali ci è rimasto a stento il ricordo, e la
cui grandezza possiamo argomentare solo dalle loro rovine, il tramonto
dell’umanità piú nobile che sia mai fiorita, e il cui ritorno sulla terra è
solo un eterno desiderio.
Il secondo periodo della storia è
quello in cui ciò che nel primo appariva come destino, cioè come forza del
tutto cieca, si rivela come natura, e l’oscura legge che in quello dominava
appare mutata almeno in una manifesta legge naturale, che costringe la
libertà e l’indomato arbitrio a servire ad un piano della natura, e cosí
a poco a poco introduce nella storia almeno una legalità meccanica. Questo
periodo sembra cominciare dall’espansione della grande repubblica romana, a
partire dalla quale il piú sfrenato arbitrio, che si manifesta nell’universale
brama di conquista e di assoggettamento, legando per la prima volta in generale
i popoli fra di loro, e portando in mutuo contatto quanto di costumi e di
leggi, di arti e di scienze s’era sino allora conservato solo separatamente fra
i singoli popoli, inconsciamente e persino contro la sua volontà fu costretto a
servire ad un piano della natura, che nella sua compiuta evoluzione deve
produrre la lega generale dei popoli e lo stato universale. Tutti gli
avvenimenti che cadono in questo periodo sono dunque anche da considerarsi come
semplici risultati naturali, allo stesso modo che la caduta dell’impero romano
non ha né un lato tragico né un lato morale, ma fu necessaria secondo leggi
naturali, e fu propriamente soltanto un tributo pagato alla natura.
Il terzo periodo della storia
sarà quello in cui ciò che nei periodi precedenti appariva come destino e come
natura si svilupperà e si rivelerà come provvidenza, sí che anche quanto
sembrava mera opera del destino o della natura era già il principio di una
provvidenza rivelantesi in maniera incompleta.
Quando comincerà questo periodo
non sappiamo dirlo. Ma se questo periodo sarà, allora sarà anche Dio.
Grande Antologia Filosofica, Marzorati, Milano, 1971, vol.
XVIII, pagg. 179-180