L’idealismo è la “vera”
filosofia: esso utilizza come strumento la separazione fra attività teoretica e
attività pratica, ma ricompone in sé l’unità delle tappe storiche di queste
attività e della loro conoscenza. Filosofia teoretica e filosofia pratica si
dissolvono nell’unità dell’idealismo.
F. W. J. Schelling, Sistema
della filosofia trascendentale
Il mezzo con cui l’autore ha
tentato di conseguire il suo scopo, cioè quello di esporre l’idealismo in tutta
la sua estensione, è consistito nel trattare tutte le parti della filosofia in
una sola continuità e l’intera filosofia come ciò che essa è, vale a dire come
storia progressiva dell’autocoscienza, storia a cui il dato dell’esperienza
serve soltanto come monumento e documento. Per abbozzare con esattezza e
compiutezza questa storia, importava soprattutto non solo distinguere
esattamente le singole epoche e in queste poi i singoli momenti, bensí anche
presentarli in una successione in cui, grazie al metodo stesso con cui era
stata trovata, si potesse essere certi di non avere omesso nessuno degli anelli
necessari, sí da conferire al tutto un’intima connessione, intangibile dal
tempo, e permanente per ogni ulteriore rielaborazione come l’immutabile
impalcatura su cui tutto dev’essere appoggiato. Ciò che principalmente ha mosso
l’autore ad applicarsi con particolare diligenza all’esposizione di quella
connessione, che è propriamente una serie graduale di intuizioni
attraverso cui l’io si eleva fino alla coscienza nella piú alta potenza, è
stato quel parallelismo fra la Natura ed il principio intelligente, al quale
egli era stato condotto già da lungo tempo, e che non è possibile esporre
compiutamente né alla filosofia trascendentale, né alla filosofia della Natura isolatamente
prese, ma soltanto ad entrambe le scienze, che proprio perciò devono
restare in una perpetua opposizione, senza potersi mai fondere in uno.
La prova convincente dell’affatto
identica natura delle due scienze sotto l’aspetto teoretico, che fin qui
l’autore ha soltanto affermata, va pertanto cercata nella filosofia
trascendentale, e in particolare nell’esposizione che di essa contiene l’opera
presente, la quale va perciò considerata come un necessario complemento degli
scritti sulla filosofia della Natura. Proprio tramite quest’opera si palesa
infatti che le stesse potenze dell’intuizione che si trovano nell’io possono
essere mostrate fino a un certo limite anche nella Natura, e, poiché quel
limite divide appunto la filosofia teoretica dalla pratica, è pertanto
indifferente dal punto di vista meramente teoretico porre come primo
l’oggettivo o il soggettivo, in quanto su questo punto può decidere soltanto la
filosofia pratica (che però in quella considerazione non ha alcuna voce in
capitolo), e quindi l’idealismo non ha un fondamento puramente teoretico, in
quanto che, se si ammette soltanto l’evidenza teoretica, non si ottiene mai
quell’evidenza di cui è capace la scienza della Natura, il fondamento e le
prove della quale sono del tutto e affatto teoretiche. Da tali chiarimenti
anche i lettori ai quali è familiare la filosofia della Natura trarranno
la conclusione che v’è un motivo abbastanza profondo ed intrinseco alla cosa
stessa per cui l’autore ha contrapposto questa scienza alla filosofia trascendentale,
distinguendola totalmente da essa, poiché, se il nostro compito si riducesse
unicamente a spiegare la Natura, non saremmo certo mai stati spinti
all’idealismo.
(Grande Antologia Filosofica,
Marzorati, Milano, 1971, vol. XVIII, pagg. 136-137)