Schelling, La positività del male

Il problema del male è al centro della riflessione di Schelling nel secondo periodo. Egli afferma che dall’angoscia della vita si è spinti al desiderio di uscire dal “centro” per scoprire la propria “inseità”. In ciò sta la positività del male ma anche il dramma del destino umano.

 

F. W. J. Schelling, Ricerche filosofiche sull’essenza della libertà umana e gli oggetti che vi sono connessi

 

L’angoscia stessa della vita incalza l’uomo a uscire dal centro in cui è stato creato, poiché questo centro, in quanto è la piú genuina essenza di ogni volontà, è per ciascuna volontà particolare un fuoco divoratore: per poter vivere in esso l’uomo deve morire ad ogni particolarità, ond’è un tentativo quasi necessario l’uscire da esso verso la periferia per cercarvi un riposo alla propria ipseità (Selbstheit). Di qui la generale necessità del peccato e della morte, come del reale morire della particolarità, attraverso cui ogni volontà umana deve passare come attraverso ad un fuoco per esserne purificata. Nonostante questa universale necessità il male rimane sempre una scelta propria dell’uomo: il male come tale non può costituire il fondamento, e ogni creatura cade per propria colpa…

L’inizio del peccato è che l’uomo si converte dall’essere autentico al non-essere, dalla verità alla menzogna, dalla luce alla tenebra, per diventare egli stesso principio creatore, e regnare su tutte le cose con la potenza del centro che ha in sé. Infatti anche a colui che si è ritratto dal centro resta pur sempre il sentimento che egli è stato tutte le cose, cioè in e con Dio: perciò egli vi tende di nuovo, ma per sé, non là dove potrebbe esserlo, cioè in Dio. Di qui nasce la fame dell’egoismo, il quale, nella misura in cui si stacca dal tutto e dall’unità, diventa sempre piú misero, piú povero, ma appunto per questo piú cupido, piú famelico, piú velenoso. V’è nel male la contraddizione che sempre consuma ed annienta sé stessa, che cioè tende a farsi creaturale proprio mentre distrugge il vincolo della creaturalità, e per l’arroganza d’esser tutto cade nel non-essere.

 

Grande Antologia Filosofica, Marzorati, Milano, 1971, vol. XVIII, pagg. 235-236