Schlick, Il criterio metodologico di verificazione

Il senso di una proposizione coincide con il metodo della sua verifica.

 

[...] Vi è solo un modo di dar significato a un enunciato, di renderlo una. proposizione: dobbiamo indicare le regole per il suo uso, in altre parole: dobbiamo descrivere i fatti che renderanno “vera” la proposizione, ed essere in grado di distinguerli dai fatti che la renderanno “falsa”. In parole ancora diverse: Il Significato di una Proposizione è il Metodo della sua Verificazione. La domanda: “Che significa questo enunciato?” è identica alla domanda (e comporta la medesima risposta): “Come è verificata questa proposizione?”.

E’ uno dei più seri errori filosofici quello di pensare che una proposizione possieda un significato indipendentemente dai possibili modi della sua verificazione. Si è caduti in una confusione senza speranza perché si e creduto di conoscere il significato di una frase e tuttavia ci si è dichiarati incapaci, in linea di principio, di definire le circostanze nelle quali essa sarebbe stata vera. Finché mi è logicamente impossibile indicare un metodo per accertare la verità o la falsità di una proposizione, debbo confessare di non conoscere effettivamente che cosa asserisca la proposizione. […]

Stabilendo l'identità tra significato e modo di verificazione non scopriamo proprio niente di straordinario, ma rileviamo un mero truismo. Stiamo semplicemente sostenendo che una proposizione, per noi, ha un significato solo se per noi fa qualche differenza che essa sia vera o falsa, e che il suo significato sta tutto in questa differenza. Nessuno ha mai spiegato il significato di un enunciato in altro modo se non spiegando che cosa sarebbe differente, nel mondo, se la proposizione fosse falsa anziché vera (o viceversa).

Sono certo che ciò non può essere negato. Ma la grande obiezione sollevata di solito contro il punto di vista da me difeso consiste nel sostenere che la "differenza nel mondo" espressa dalla proposizione può non essere osservabile né scopribile in alcun modo. In altre parole: perché un enunciato abbia per noi un significato dobbiamo conoscere, ovviamente, quale fatto esso esprime, ma può essere per noi del tutto impossibile scoprire se il fatto sussiste realmente. In questo caso la proposizione non potrebbe essere mai verificata, ma non sarebbe priva di significato. Di conseguenza, concludono i nostri avversari, il significato è distinto dalla verificabilità, e non è da essa dipendente.

Si tratta di un'argomentazione difettosa per un'ambiguità presente nella parola “ verificabilità”. In primo luogo, uno potrebbe chiamare verificabile una proposizione se i fatti reali sono tali da permetterci di scoprirne la verità o la falsità ogniqualvolta siamo disposti a farlo. In questo senso, mi sarebbe impossibile verificare l'asserzione: “Sotto terra, a trecento metri di profondità sotto la mia casa deve esserci dell’oro”, perché esistono varie circostanze empiriche che assolutamente mi impediscono di scoprirne la verità; e tuttavia l’asserto non era certamente insensato. Oppure prendete l'asserzione: “Sull'altra faccia della Luna esistono montagne alte tremila metri”. E’ probabile che nessun essere umano sarà mai in grado di verificarla o di falsificarla, ma quale filosofo avrebbe tanta audacia da dichiararla priva di significato? Credo che debba essere chiaro che non abbiamo niente a che fare con un simile uso del termine “verificabilità”, e che dovevamo avere qualcos’altro in mente quando abbiamo detto che il Significato di una Proposizione è il suo Metodo di Verificazione.

Di fatto, noi diciamo verificabile una proposizione quando siamo in grado di descrivere un modo di verificarla, indipendentemente dal fatto che la verificazione possa essere effettivamente eseguita o no. E’ sufficiente essere in grado di dire che cosa si deve fare, anche se nessuno mai si troverà nella condizione di farlo.

 

[Moritz Schlick, Forma e contenuto: una introduzione al pensare filosofico]