A. Schopenhauer osserva che si tratta di due tipi di
conoscenza diversi. La fisica, pur essendo in fase di continuo miglioramento,
non potrà mai arrivare alla metafisica, la quale non riguarda il fenomeno, ma
la cosa in sé.
A. Schopenhauer, Il mondo come volontà e
rappresentazione, II, 17
Col naturalismo o col modo di pensare meramente fisico non si riuscirà quindi mai a nulla: esso rassomiglia ad un calcolo, che non giunge mai a risoluzione. Serie causali senza principio né fine, forze fondamentali imperscrutabili, spazio senza fine, tempo senza inizio, divisibilità infinita della materia, e tutto questo determinato poi da un cervello conoscente, nel quale soltanto esiste, cosí come il sogno, e senza del quale svanisce, formano il labirinto nel quale ci aggiriamo senza posa. L’altezza alla quale nei tempi sono salite le scienze naturali, mette sotto questo aspetto tutti i secoli precedenti in ombra profonda, ed è una vetta che per la prima volta l’umanità ha raggiunto. Soltanto, per quanti progressi la fisica (intesa nel senso ampio degli antichi) possa anche fare, non si farà con ciò il minimo passo verso la metafisica; cosí come una superficie, per quanto la si possa estendere, non acquisterà mai dimensione cubica. Perché tali progressi non perfezioneranno che la conoscenza del fenomeno: mentre la metafisica tende a trascendere il fenomeno, per giungere a ciò da cui si manifesta. E se anche si raggiungesse l’esperienza in tutta la sua perfezione, non si sarebbe con ciò nulla guadagnato in ciò che veramente conta. Voglio dire di piú: se una visitasse addirittura tutti i pianeti e tutte le stelle, non avrebbe con ciò fatto alcun passo nella metafisica. Se mai, i maggiori progressi della fisica faranno sentire sempre piú forte il bisogno di una metafisica; perché, da un lato, quanto piú la conoscenza della natura viene rettificata, ampliata ed approfondita, tanto piú scalza le precedenti ipotesi metafisiche ed alla fine le rovescia, mentre, d’altro lato, il problema stesso della metafisica appare chiaro, piú esatto e piú completo, separato com’è da tutto ciò che è meramente fisico, ed anche l’essenza delle singole cose, riconosciuta piú esattamente e completamente, richiede con maggiore urgenza la spiegazione del tutto e dell’universale, che, quanto piú esattamente, profondamente e completamente è conosciuto dal punto di vista empirico, tanto piú misterioso ci appare.
Grande Antologia Filosofica, Marzorati, Milano, 1971, vol. XIX, pagg.
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