Il simile può conoscere solo il simile e il mondo non
è che autoconoscenza della volontà. Al di là di questo limite si sono spinti
gli asceti, ma la loro esperienza rimane incomunicabile. La filosofia a questo
punto si deve fermare.
A. Schopenhauer, Il mondo come volontà e
rappresentazione, I, 71
Ciò che viene universalmente supposto come positivo, ciò che noi chiamiamo l’ente, e la cui negazione è espressa nel concetto del nulla nel suo significato piú generale, è appunto il mondo della rappresentazione, che io ho indicato come oggettità e specchio della volontà. E questa volontà e questo mondo siamo poi anche noi stessi, e al mondo appartiene la rappresentazione in generale, come uno dei suoi aspetti: forma di tale rappresentazione sono spazio e tempo, quindi tutto ciò che da questo punto di vista esiste deve essere posto in un “dove” e in un “quando”. Negazione, soppressione e conversione della volontà significa anche soppressione e scomparsa del mondo, che la rispecchia. Non vedendo piú la volontà in questo specchio, invano ci domandiamo dove si sia rivolta, e ci lamentiamo allora perché essa non ha piú né “dove” né “quando”, ed è svanita nel nulla.
Se fosse possibile per noi un punto di vista rovesciato, i segni si invertirebbero e comprenderemmo che ciò che per noi è l’ente è il nulla, e il nulla è l’ente. Sino a che, però, noi medesimi siamo la volontà di vivere, il nulla può da noi essere conosciuto solo negativamente, in quanto l’antico principio di Empedocle, che il simile può essere conosciuto soltanto dal simile, ci esclude ogni possibilità di conoscenza, come, al contrario, si fonda su quel principio la possibilità di tutta la nostra conoscenza reale, ossia il mondo come rappresentazione, o l’oggettità della volontà. Il mondo è infatti l’autoconoscenza della volontà.
Se tuttavia si volesse ancora insistere nel pretendere in qualche modo dalla filosofia una cognizione positiva di ciò, che essa può esprimere solo negativamente, come negazione della volontà, non avremmo altra possibilità che richiamarci a quello stato, di cui hanno fatto esperienza tutti coloro, che sono pervenuti alla totale negazione della volontà, che ha avuto i nomi di estasi, rapimento, illuminazione, unione con Dio, e cosí di seguito; ma questo stato non può essere chiamato una vera e propria conoscenza, perché non ha piú la forma del soggetto e dell’oggetto, ed è inoltre accessibile solo all’esperienza personale e incomunicabile.
Noi, invece, che ci atteniamo al campo della filosofia, non possiamo che accontentarci della conoscenza negativa, paghi di aver toccato il confine estremo della positiva. Abbiamo riconosciuto nella volontà l’essenza in sé del mondo, e in tutti i fenomeni del mondo niente altro che l’oggettità della volontà; abbiamo seguito questa oggettità dall’impulso inconscio delle forze oscure della natura sino alle piú lucide azioni dell’uomo, non vogliamo certo arretrare dinanzi alla conseguenza, che con la libera negazione e con la rinuncia della volontà vengono soppressi anche tutti quei fenomeni e quel continuo incalzare e spingere senza fine e senza sosta, in tutti i gradi dell’oggettità, nel quale e pel quale il mondo consiste, viene soppressa la varietà delle forme, che di grado in grado si succedono, viene totalmente soppresso, con la volontà, il suo fenomeno, vengono ancora soppresse le forme generali del fenomeno, tempo e spazio, e finalmente la prima forma fondamentale di esso, soggetto e oggetto. Nessuna volontà: nessuna rappresentazione, nessun mondo.
Dinanzi a noi non resta in verità che il nulla. Ma ciò che si ribella contro questo dissolversi nel nulla, la nostra natura, e proprio nient’altro che la volontà di vivere, che è noi stessi, come è il nostro mondo. Il fatto che noi abbiamo tanto in orrore il nulla, non è se non un’altra manifestazione che noi avidamente bramiamo la vita, che nient’altro siamo se non questa volontà, che nient’altro conosciamo se non essa. Ma rivolgiamo lo sguardo dalla nostra miseria e limitatezza verso coloro, che hanno superato il mondo e nei quali la volontà, pervenuta alla piena conoscenza di sé, ha ritrovato se stessa in tutte le cose e quindi ha liberamente rinnegato se stessa; verso coloro, che ormai attendono soltanto di vedere svanire col corpo l’ultima traccia della volontà, che lo anima; allora, in luogo dell’incessante incalzare e spingere, in luogo del perenne passaggio dal desiderio al timore e dalla gioia al dolore, in luogo della speranza mai appagata e mai spenta, di cui è costituito quel sogno che è la vita di ogni uomo che ancora vuole, ci appare quella pace, che sta piú in alto di ogni ragione, quella totale quiete dell’animo, simile alla calma del mare, quel profondo riposo, imperturbabile sicurezza e serenità, il cui semplice riflesso nel volto, come l’hanno rappresentato Raffaello e Correggio, è un completo e sicuro vangelo: solo la conoscenza è rimasta, la volontà si è dissolta. E noi volgiamo lo sguardo con profonda e dolorosa nostalgia a quello stato, vicino al quale si mostra in piena luce, per contrasto, la miserevolezza e perdizione del nostro. Eppure questa considerazione è la sola che ci possa consolare durevolmente quando da un lato abbiamo riconosciuto che il dolore insanabile l’affanno senza fine sono essenziali al fenomeno della volontà, al mondo, è dall’altro vediamo che con la soppressione della volontà si dissolve il mondo, e che dinanzi a noi non rimane che il vuoto nulla. In tal modo, dunque, considerando la vita e la condotta dei santi, che invero raramente ci è dato di incontrare nella nostra esperienza, ma che ci vengono posti sotto gli occhi dalle loro storie e, col suggello dell’intima verità, dall’arte, dobbiamo discacciare la tetra impressione di quel nulla, che ondeggia come ultimo termine in fondo ad ogni virtú e santità e che noi temiamo, come i bambini le tenebre, e non già, come fanno gli indiani, eluderlo con miti e parole prive di senso, come il riassorbimento in Brahma o il Nirvana dei buddisti. Noi vogliamo piuttosto dichiararlo liberamente: ciò che rimane dopo la totale soppressione della volontà è certo, per tutti coloro che della volontà sono ancora pieni, il nulla. Ma al contrario per coloro nei quali la volontà si è spontaneamente rovesciata e rinnegata, questo nostro universo tanto reale, con tutti i suoi soli e le sue vie lattee, è il nulla.
Grande Antologia Filosofica, Marzorati, Milano, 1971, vol. XIX, pagg.
717-719