Per A. Schopenhauer non esiste nulla di innato. I concetti prendono il materiale dalle intuizioni che sono la base della conoscenza. Quindi prima viene l’intuizione e poi il concetto.
A. Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione, II, 7
Dato che, come è stato mostrato,
i concetti prendono in prestito la loro materia dalla conoscenza intuitiva, e
perciò tutto l’edificio del nostro mondo dei pensieri si appoggia sul mondo
delle intuizioni; noi quindi dobbiamo poter ritornare, sia pure per gradi
intermedi, da ogni concetto alle intuizioni, dalle quali esso stesso
immediatamente è stato estratto o dalle quali i concetti di cui esso a sua
volta è astrazione sono stati estratti: noi cioè dobbiamo poterlo verificare
con delle intuizioni, che stanno alle astrazioni nel rapporto dell’esempio.
Queste intuizioni forniscono dunque il contenuto reale di tutto il nostro
pensare, e dovunque, dove esse mancano, abbiamo avuto nella testa non dei
concetti, ma delle semplici parole. Sotto questo riguardo il nostro intelletto
assomiglia ad una banca di cambio, la quale, per essere solida, deve avere in
cassa dei contanti, per potere pagare, in caso di bisogno, le polizze emesse:
le intuizioni sono i contanti, i concetti le cedole. In questo senso le
intuizioni potrebbero con molta convenienza essere chiamate rappresentazioni primarie, i concetti invece secondarie: non altrettanto
giustamente gli scolastici, sull’esempio di Aristotele (Metaph. VI, 11; XI, 1),
chiamarono le cose reali substantias primas e i concetti substantias secundas.
Grande Antologia Filosofica, Marzorati, Milano, 1971, vol. XIX, pagg. 619-620