Schopenhauer, Sullo Stato

Per Schopenhauer lo stato esiste per combattere gli effetti dannosi della volontà di vivere, ma la sua battaglia non può mai considerarsi definitivamente conclusa e vinta.

 

A. Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione, par. 62

 

Abbiamo dunque conosciuto nello Stato il mezzo mediante cui l’egoismo armato di ragione cerca di sfuggire ai suoi proprii perniciosi effetti rivolgentisi contro se medesimo; ciascuno favorisce il bene di tutti, perché vi vede compreso il bene suo proprio. Ove lo Stato raggiungesse appieno il suo fine, potrebbe aversi da ultimo, poiché esso mediante le forze umane in sé congiunte sa ognor piú trarre a suo servigio anche la rimanente natura, con la rimozione d’ogni maniera di mali alcunché d’analogo al paese di Cuccagna. Ma per un verso esso è tuttora sempre lontano da questo termine; per l’altro innumerevoli mali, alla vita necessariamente inerenti, manterrebbero come prima la vita in dolore; tra i quali, fossero pur tutti gli altri elementi, da ultimo la noia occuperebbe ogni posto da quelli lasciato, per un altro verso ancora la discordia degli individui non può mai dallo Stato esser tolta in tutto di mezzo, ché essa stuzzica nel piccolo, dov’è interdetta nel grande, ed infine Eris, felicemente cacciata dall’interno, si volge ancora al di fuori: bandita per mezzo dell’ordinamento civile dalle contese degli individui, ritorna dall’esterno in forma di guerra da popoli, e pretende allora in grosso e tutto in una volta, come debito accumulato, le sanguinose vittime, che mediante saggia provvidenza le si erano sottratte singolarmente. E ammesso finalmente, che tutto ciò si potesse superare e toglier di mezzo, con una saggezza fondata sull’esperienza di millenni, il risultato ultimo sarebbe l’eccesso di popolazione sull’intero pianeta: terribile male, che oggi solo un’audace fantasia riesce a rappresentarsi.

 

A. Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione, Laterza, Bari, 1968, vol. II, pag. 460