Seneca, invettiva contro i vizi dell’epoca

Seneca si scaglia contro quella che i latini chiamavano “avarizia” – lo sfrenato desiderio di possesso –, e che egli considera la madre di tutti i vizi.

 

Lettere a Lucilio, 89

 

         Dirò cose giovevoli anche ai piú riottosi. Talvolta giungano pure ai vostri orecchi parole piuttosto dure e, poiché non volete ascoltare la verità singolarmente, ascoltatela tutti assieme. Fin dove estenderete i vostri poderi? il territorio, che era sufficiente a contenere un popolo, è troppo stretto per un solo padrone. Fin dove spingerete i vostri aratri, non contenti di limitare i possedimenti neppure nello spazio delle province? Famosi corsi d’acqua bagnano terreni privati e grandi fiumi, confini di grandi popoli, vi appartengono dalla sorgente alla foce. Ma anche questo è per voi troppo poco! occorre che i mari siano cinti dai vostri latifondi, che di là dall’Adriatico e dallo Ionio e dall’Egeo domini il vostro castaldo, che le isole, dimora di illustri condottieri, siano tenute in nessun conto. Siano estesi i vostri possedimenti quanto volete, sia un podere quello che una volta si chiamava impero, appropriatevi di tutto ciò che potete, finché gli altri posseggono piú di voi. Ora mi rivolgo a voi, la cui dissolutezza si manifesta non meno della cupidigia di costoro. A voi dico: fino a quando non vi sarà lago su cui non sovrastino le vostre ville, fiume le cui rive non siano adorne delle vostre case? Ovunque scaturiranno vene di acqua calda, ivi vedremo sorgere asili per la dissolutezza. Ovunque la spiaggia s’incurverà in un’insenatura, voi subito getterete delle fondamenta e, solo contenti del terreno ottenuto con le vostre mani, spingerete il mare indietro. Risplendan pure dappertutto i vostri palazzi, in un luogo eretti sui monti con ampia vista verso la terra e il mare, nell’altro innalzandosi dal piano fino all’altezza dei monti; benché abbiate costruito molti e grandiosi edifici, tuttavia ciascuno di voi ha un corpo solo e assai piccolo. A che servono molte stanze da letto? dormite in una sola. Non vi appartengono quelle in cui non abitate. Quindi passo a voi, la cui smodata e insaziabile golosità di qui fruga i mari di là le terre, cerca di prendere alcuni animali con l’amo, altri col laccio, altri con varie specie di reti: nessun animale è tranquillo, finché voi non sentite la nausea. Di coteste vivande, che vi procurate mediante l’opera di tante persone, quanto poco gustate con la bocca stanca di raffinate sensazioni! di cotesta fiera cacciata con grave rischio quanto poco riuscirà ad assaggiare il padrone che digerisce a stento ed è facile alla nausea! di tante ostriche, provenienti da paesi cosí lontani, quanto poche van giú per cotesto stomaco insaziabile! Disgraziati, dunque credete che in voi la fame sia piú grande del ventre?

 

(Seneca, Lettere a Lucilio, UTET, Torino, 1951, pagg. 351-352)