Seneca riprende l'interpretazione
greco-classica e soprattutto platonica della filosofia, a cui collega la
dottrina stoica su filosofia e virtú.
Lettere a Lucilio, 89
1 La
saggezza è il bene perfetto della mente umana; la filosofia è l'ardente
aspirazione alla saggezza: questa tende alla meta, a cui quella è giunta. È
chiaro perché la filosofia sia stata chiamata cosí; col suo stesso nome rivela
quale sia l'oggetto del suo amore. Taluni definirono la saggezza la scienza
delle cose divine ed umane; altri dissero che la saggezza consiste nel
conoscere le cose divine ed umane e le loro cause. Quest'aggiunta mi sembra
inutile, perché le cause delle cose divine ed umane sono parte delle cose divine.
Anche la filosofia fu oggetto di varie definizioni. Alcuni la definirono
aspirazione alla virtú, altri aspirazione all'emendamento dell'animo, altri
desiderio di una condotta onesta. È però quasi certo che qualche differenza
esiste tra la filosofia e la saggezza: giacché non può darsi che l'oggetto del
desiderio e ciò che desidera siano la stessa cosa.
2 [...]
Alcuni dei nostri, benché la filosofia fosse aspirazione alla virtú e questa
venisse cercata, quella cercasse, tuttavia non ritennero che la filosofia e
virtú potessero essere disgiunte: giacché né la filosofia esiste senza la virtú
né la virtú senza la filosofia. La filosofia è aspirazione alla virtú, ma
attraverso la virtú stessa: d'altra parte la virtú non può esistere senza
l'amore di sé, né l'amore della virtú senza la virtú stessa.
(Seneca, Lettere a Lucilio, UTET, Torino, 1951, pagg. 348-349)