La sapienza
non tende ad “abbellire la vita”, ma a renderla felice.
Lettere a
Lucilio, 90
[Dopo aver
parlato delle più diverse invenzioni e scoperte, come le navi, il vetro, i
bagni in stanze riscaldate, l'uso del marmo per le decorazioni, la tachigrafia,
ecc., Seneca afferma che esse sono tutte “invenzioni degli schiavi più vili”].
La sapienza sta
ben piú in alto, e non le mani, ma le anime sono oggetto dei suoi
ammaestramenti. Vuoi sapere che cosa essa abbia scoperto, che cosa abbia
prodotto? Non già gli eleganti movimenti del corpo né le varie modulazioni che
si ottengono mediante la tromba ed il flauto, per cui il fiato accolto o
all'uscita od al passaggio si trasforma in suono. Non appresta armi né mura né
strumenti bellici, favorisce la pace ed invita gli uomini alla concordia. Essa,
dico, non fabbrica arnesi per le varie necessità della vita. Perché le
attribuisci cose di sí poco conto? hai di fronte a te la maestra della vita, la
quale tiene le altre arti sotto il suo dominio; infatti ciò che abbellisce la
vita dipende da chi alla vita sovraintende: del resto la sapienza tende alla
felicità, a questa conduce, verso questa apre la via. Mostra quali siano i veri
mali e quali i mali solo apparenti, libera gli animi dalla leggerezza, dà la
reale grandezza, si oppone a quella tronfia e piena d'un falso splendore, non
permette che si ignori la differenza esistente tra ciò che è grande e ciò che è
gonfio, fa conoscere la natura dell'universo e la propria. Insegna che cosa
sono gli dei ed in quale condizione si trovano, che cosa siano le anime dei
morti, i lari ed i genii, che cosa le anime rese immortali e passate in un
secondo ordine di divinità, dove dimorino, che cosa facciano, che cosa possano e
vogliano. Ecco ciò a cui ci inizia la sapienza dischiudendoci non il santuario
di una qualsiasi città, bensí il vasto tempio di tutti gli dei, il cielo
stesso, di cui le vere immagini ed i veri aspetti essa presentò allo sguardo
della nostra anima: giacché la vista è troppo debole per spettacoli tanto
grandiosi.
(Seneca, Lettere
a Lucilio, UTET, Torino, 1951, pagg. 360-361)