Emanuele
Severino mette in evidenza che la scienza moderna nasce dalla volontà di
dominio sulla natura, accompagnata a proponimenti di tipo morale o religioso.
E.
Severino, La filosofia moderna, II, 6
La
scienza moderna è una critica radicale della filosofia tradizionale,
soprattutto di quella aristotelica. Ma non nel senso che la scienza moderna
rifiuta in blocco l'esperienza filosofica del passato, bensí nel senso che
opera una critica radicale della fisica del passato, e soprattutto di
quella aristotelica, che all'inizio dell'età moderna si presenta come il
culmine della filosofia della natura. È la critica perentoria rivolta dalla
nuova scienza alla fisica aristotelica - ritenuta un cardine fondamentale
dell'intero edificio filosofico - a ingenerare la convinzione che tale edificio
sia pericolante e vada pertanto costruito da capo.
Bacone
chiama appunto instauratio magna (“grande rinnovamento”) questa
ricostruzione [...]. E Galileo vuole solo “accordare qualche canna di questo
grande organo discordato” che è la filosofia, vuole cioè accordare la canna
della filosofia della natura, lasciando ad altri il compito di accordare
l'intero organo. E in contrapposizione al vecchio Organon aristotelico
(il termine greco órganon significa innanzitutto “strumento”, e órganon
venne chiamata la logica aristotelica: strumento che aiuta a conoscere la
verità). Bacone scrive appunto il Novum Organum, di cui però anch'egli
tenta di accordare solo qualche canna, anche se la sua critica al passato ha
dimensioni molto piú ampie di quella galileiana e piú dettagliata è la sua
ispezione del vecchio, pericolante edificio della conoscenza.
Bacone
afferma che la scienza è potenza, capacità di dominio sulla natura. Il valore
della scienza è la capacità di instaurare il regnum hominis nel mondo.
La Terra, afferma Galilei, “noi cerchiamo di nobilitarla e perfezionarla”:
anche per lui la scienza non è semplice contemplazione, ma dominio, potenza.
(Che poi la scienza “nobiliti” e “perfezioni” la terra è un proponimento e un
giudizio morale o religioso, non è un giudizio scientifico). L'esperimento,
riproducendo realmente le condizioni di isolamento di un certo fenomeno, è già
una forma di dominio della natura e, scoprendo la legge secondo cui il
fenomeno si realizza (la legge che lo unisce a un altro fenomeno), mette l'uomo
in grado di dominare metodicamente la natura.
Ma la
scienza, proponendosi il dominio metodico della realtà naturale, continua a
intendere in modo realistico il rapporto fra tale realtà e la conoscenza
scientifica: la realtà vera e propria esiste indipendentemente dalla conoscenza
umana, è esterna alla mente dell'uomo ed è per altro conoscibile dall'uomo -
anche se, per Galilei e per poi tutta la scienza moderna, è solo la conoscenza
matematica in grado di cogliere quella struttura quantitativa che costituisce
la realtà vera e propria.
(E.
Severino, La filosofia moderna, Rizzoli, Milano, 1984, pagg. 31-33)