Spinoza
espone con chiarezza la propria concezione dell’ordine della Natura e
sottolinea le differenze dalla concezione cartesiana. Le affezioni e gli
Affetti, i vizi e le virtú, fanno parte della Natura e possono essere studiati ordine geometrico come tutto il resto
della realtà.
B. Spinoza,
Etica, Parte terza, Prefazione
La maggior
parte di coloro che hanno scritto sugli Affetti e sul modo di vivere degli
uomini, sembra che trattino non di cose naturali, che seguono le comuni leggi
della Natura, ma di cose che sono al di fuori della Natura. Sembra anzi che
concepiscano l’uomo nella Natura come un impero nell’impero. Infatti credono
che l’uomo sconvolga l’ordine della Natura, piú che seguirlo, e che abbia sulle
proprie azioni un potere assoluto, e che non sia determinato da altro che da se
stesso. Attribuiscono poi la causa dell’impotenza e dell’incostanza umana non
al comune potere della Natura ma a un presunto vizio della natura umana, e
perciò la compiangono, la deridono, la disprezzano, o, piú comunemente, la
detestano; e chi con maggior eloquenza o arguzia sa cogliere l’impotenza della
Mente umana passa per uomo divino. Tuttavia non sono mancati uomini assai
illustri (alla cui fatica e operosità riconosciamo di dover molto) che hanno
scritto cose eccellenti sul giusto modo di vivere e hanno dato ai mortali
consigli pieni di saggezza; ma nessuno, che io sappia, ha determinato la natura
e le forze degli Affetti, e che cosa possa fare la Mente per dominarli. So bene
che il celeberrimo Cartesio, benché anch’egli abbia creduto che la Mente è
dotata di un potere assoluto sulle sue azioni, ha cercato tuttavia di spiegare
gli Affetti umani mediante le loro cause prime e, nello stesso tempo, ha
cercato di indicare la via per cui la Mente potesse ottenere il potere assoluto
sugli Affetti; ma secondo me non ha dimostrato altro che l’acume del suo grande
ingegno, come a suo tempo dimostrerò. Infatti io voglio tornare a coloro che
preferiscono detestare e irridere gli Affetti e le azioni degli uomini
piuttosto che comprendere. A costoro sembrerà certamente strano che io mi
accinga a trattare dei vizi e delle stoltezze umane secondo il metodo
Geometrico, e che voglia dimostrare con un ragionamento rigoroso cose che essi
proclamano incompatibili con la ragione, vane, assurde, orrende. Ma ecco quale
è il mio argomento. Nella Natura nulla accade che possa essere attribuito a un
suo vizio; infatti la Natura è sempre la stessa e la sua virtœ e potenza di
agire è ovunque una sola e medesima, ossia le leggi e le norme della Natura,
secondo le quali ogni cosa accade e da una forma si muta in un’altra, sono
ovunque e sempre le medesime, e perciò anche il modo d’intendere la natura di
tutte le cose, quali che siano, deve essere uno e medesimo, ossia in base alle
leggi e alle norme universali della Natura. Quindi gli Affetti dell’odio,
dell’ira, dell’invidia, ecc., in sé considerati, derivano dalla stessa
necessità e virtú della Natura, come le altre singole cose; e perciò ammettono
determinate cause per mezzo delle quali vengono conosciuti e hanno determinate
proprietà degne della nostra conoscenza come le proprietà di qualunque altra
cosa di cui la sola contemplazione basta a dilettarci. Tratterò dunque della
Natura e delle forze degli Affetti e del potere della Mente su di essi, con lo
stesso Metodo con cui nelle parti precedenti ho trattato di Dio e della Mente,
e considererò le azioni e i desideri umani come se si trattasse di linee, di
superfici e di corpi.
(B. Spinoza, Etica e Trattato teologico-politico, UTET, Torino,
1988, pagg. 187-188)