Lo stato, che è la forma in cui
viene esercitato collettivamente il diritto di ciascuno, può avere anche le
caratteristiche dell’assolutismo e reggersi prevalentemente sull’uso della
forza: si hanno però in questo modo gravissimi rischi di rivolta e,
soprattutto, non si garantiscono quei diritti che per Spinoza sono fondamentali
- la libertà di pensiero e quella di espressione -, mentre si lascia spazio a
un altro “diritto naturale”, il diritto alla ribellione. La via di uscita che propone
Spinoza è “che ciascuno alieni a favore della società tutta la potenza di cui
dispone”: dunque, la democrazia.
B. Spinoza, Trattato
teologico-politico, cap. XVI
Certamente, se tutti gli uomini
fossero tali da lasciarsi guidare facilmente dalla sola ragione e sapessero
riconoscere l’utilità e l’esigenza suprema dello Stato, non ci sarebbe nessuno
che non aborrisse frodi e inganni e tutti starebbero ai patti con perfetta
lealtà, animati dal desiderio di quel bene supremo che è il mantenimento della
società. Il presidio piú prezioso dell’organizzazione civile, la fedeltà,
verrebbe mantenuto integro con il massimo impegno. Ma, nella realtà, gli uomini
sono ben lungi dal poter essere sempre facilmente guidati dalla ragione;
ciascuno è sospinto dai suoi personali impulsi al piacere e gli animi
spessissimo sono a tal punto dominati dall’avidità, dalla bramosia degli onori,
dall’invidia, dalla collera che nessun posto resta per la capacità di
riflettere e di giudicare. Ecco perché, a meno che una qualche garanzia non si
aggiunga alla promessa, nessuno può essere sicuro della lealtà dell’altro,
nonostante che gli uomini pattuiscano e promettano di mantenere fede agli
impegni con le piú persuasive sembianze di una intenzione onesta. Sappiamo
infatti che ogni individuo può agire con l’inganno in forza del diritto di
natura e che non è tenuto a stare ai patti se non in vista di un bene maggiore
o per timore di un male peggiore.
Abbiamo già mostrato che il
diritto di natura è determinato e delimitato esclusivamente dalla potenza di
ciascun individuo: ne segue che se l’uno, a forza o spontaneamente, trasferisce
all’altro una parte della potenza di cui dispone, cede anche, necessariamente,
una parte corrispondente del suo diritto. E allora sarà depositario del diritto
sovrano su tutti colui che potrà esercitare l’autorità suprema, colui che in
base ad essa potrà costringere ognuno con la forza tenendolo a freno con il
timore dell’estremo supplizio che è universalmente paventato. Questi avrà nelle
proprie mani tale diritto per tutto il tempo (né piú né meno) che conserverà il
potere di fare ciò che vuole; altrimenti la sua autorità sarà precaria e
nessuno che abbia piú forza di lui sarà tenuto, non volendolo, ad obbedirgli.
La società può costituirsi senza
che si venga a creare conflitto con il diritto naturale, e ogni patto può
essere rispettato con piena lealtà soddisfacendo dunque a questa condizione:
che ciascuno alieni a favore della società tutta la potenza di cui dispone. La
società verrà cosí investita del sovrano diritto di natura su ogni cosa, cioè
essa sola tratterrà nelle proprie mani l’autorità suprema alla quale ciascuno
si troverà nella condizione di dover ubbidire, sia di sua spontanea volontà,
sia per timore della pena capitale. Un cosí inteso diritto esercitato dalla
società intera è detto “democrazia”: regime politico definibile appunto come
unione di tutti i cittadini, che possiede ed esercita collegialmente un diritto
sovrano su tutto ciò che è in suo potere. Ne risulta che questa potestà non può
essere condizionata da nessuna legge e che tutti le debbono sottostare in ogni
campo; sottomissione del resto che, espressamente o tacitamente, dovette essere
pattuita quando tutti trasferirono nella società l’intera potenza di cui
disponevano per difendersi, e quindi ogni loro diritto.
(B. Spinoza, Etica e Trattato
teologico-politico, UTET, Torino, 1988, pagg. 648-650)