Le dispute teologiche (quasi
sempre legate a problemi di interpretazione delle Sacre Scritture) erano state
una delle cause scatenanti delle guerre di religione. Utilizzando la propria
conoscenza dell'ebraico e dell'interpretazione data alle Sacre Scritture
nella tradizione del suo popolo, Spinoza si propone di offrire una nuova
ermeneutica biblica.
B. Spinoza, Trattato
teologico-politico, Prefazione
L'attaccamento
dei fedeli (pietas) e la religione (oh, Dio immortale!) dipendono da
assurdi misteri e proprio coloro che dispregiano la ragione e rifiutano e
condannano l'intelletto come naturalmente corrotto godono la fama, ingiusta
quant'altra mai, di possedere l'illuminazione divina. Ma se possedessero una
sola scintilla del lume divino non andrebbero tanto superbi della loro pazzia,
ma imparerebbero ad onorare Dio con maggior saggezza e, come già fecero
nell'odio, cosí si distinguerebbero tra gli altri nell'amore e non
perseguiterebbero con tanta ostilità chi da loro dissente, ma piuttosto ne
avrebbero misericordia (se è vero che si preoccupano della salvezza di costoro
e non della propria terrena fortuna).
Inoltre, se
veramente possedessero qualche lume divino, lo si constaterebbe dal loro
insegnamento. In effetti posso ammettere che essi nutrono una sconfinata
ammirazione per i profondissimi misteri delle Scritture; però non vedo
che cosa d'altro abbiano insegnato se non le speculazioni di Aristotele e di
Platone a cui, per non apparire seguaci dei Gentili [pagani], hanno adeguato la
Scrittura. Cosí non bastò loro accogliere le pazzie dei Greci, ma
vollero che i Profeti fossero in accordo con il delirio di quelli. E questa è
la chiara dimostrazione che essi nemmeno in sogno colgono l'ispirazione divina della
Scrittura e quanto piú ne ammirano i misteri tanto piú palesano non già
una fede consapevole, ma la loro compiacente approvazione nei riguardi della Scrittura.
Il che risulta anche dal presupposto fondamentale accolto dai piú per
comprendere la Scrittura e trarne il vero significato: che essa sia cioè
in ogni sua parte verace e divinamente ispirata. Ma questa dovrebbe essere la
conclusione derivante da un severo esame che porti alla comprensione del testo;
invece essi stabiliscono come norma interpretativa pregiudiziale quello che
molto meglio apprenderemmo leggendo la Scrittura stessa, la quale non
richiede il sostegno di umane suggestioni.
Considerando
dunque che il lume naturale è tenuto in dispregio e anzi da molti persino
condannato come fonte di empietà, che le suggestioni umane son ritenute
insegnamenti divini e che la credulità è presa per fede, che nella Chiesa e
nello Stato si sollevano con appassionata animosità le controversie dei
filosofi; accorgendomi che questo costume genera ferocissime ostilità e
dissidi, dai quali facilmente gli uomini sono portati alla sedizione, nonché
molti altri mali che qui sarebbe troppo lungo enumerare, ho fermamente deciso
di sottoporre la Scrittura ad un nuovo libero e spassionato esame e di
non fare nessuna affermazione e di non accettare come suo insegnamento nulla di
cui non potessi avere dal testo una prova piú che evidente.
(B. Spinoza, Etica e Trattato
teologico-politico, UTET, Torino, 1988, pagg. 392-393)