L'Affetto è un atteggiamento
passivo di fronte a una azione che proviene dall'esterno. L'azione - proprio
perché esterna - non può essere eliminata, ma l'intelletto può prenderne
coscienza con chiarezza ed eliminare cosí lo stato di passività.
B. Spinoza, Etica, Parte
quinta, Prop. III, Scolio finale
Proposizione III
Un Affetto, che è una passione,
cessa di essere passione non appena ce ne formiamo un'idea chiara e distinta.
dimostrazione
Un Affetto, che è una passione, è
un'idea confusa (per la Def. Gen. degli Affetti). Se quindi ci
formiamo di tale Affetto un'idea chiara e distinta, quest'idea non si
distinguerà dall'Affetto stesso, in quanto si riferisce alla sola Mente, se non
per la ragione (per la Prop. 21 della II parte con il suo Scolio);
e perciò (per la Prop. 3 della III parte) l'Affetto cesserà di essere
una passione. C.D.D.
[...]
scolio
Con ciò ho completato tutto
quello che volevo mostrare intorno alla potenza della Mente sugli Affetti, e
intorno alla Libertà della Mente. Dalle cose dette risulta quanto il saggio sia
piú forte e piú capace dell'ignorante, che è mosso solo dalla libidine. Infatti
l'ignorante, a parte il fatto che è sballottato in molti modi da cause esterne
e non raggiunge mai una vera soddisfazione dell'animo, vive, inoltre, quasi
inconsapevole di sé, di Dio e delle cose; e appena cessa di patire cessa anche
di esistere. Al contrario il saggio, in quanto è considerato tale,
difficilmente è turbato nell'animo, anzi, consapevole di sé, di Dio e delle
cose, per una certa eterna necessità, non cessa mai di essere, e possiede
sempre la vera serenità dell'animo. Anche se la via che ora ho mostrato
condurre a questa meta sembra oltremodo ardua, si può tuttavia trovarla. E deve
essere davvero arduo quello che si trova raramente. Infatti, come potrebbe
accadere che la salvezza fosse trascurata quasi da tutti se fosse a portata di
mano e la si potesse trovare senza grande fatica? Ma tutte le cose eccellenti
sono tanto difficili quanto rare.
(B. Spinoza, Etica e Trattato
teologico-politico, UTET, Torino, 1988, pagg. 346, 376)