Prop. 7. Alla natura di una sostanza appartiene l’esistere.
Dimostrazione: Una sostanza non può essere prodotta da un’altra cosa
(Conseg. d. Prop. preced.): essa deve dunque esser causa di sé: ovvero la sua
essenza implica necessariamente l’esistenza (Def. 1); ovvero, ancora, l’esistere
è proprio della sua natura.
Prop. 8. Ogni sostanza è necessariamente
infinita.
Dimostrazione: Non può esistere che un’unica sostanza che
abbia quel determinato attributo (Prop. 5), e l’esistere è proprio della sua
natura (Prop. 7). Sia essa finita o infinita, alla natura di una sostanza deve
appartenere l’esistenza. Ma una sostanza finita non può esistere: perché (Def.
2) essa dovrebbe essere limitata da un’altra sostanza della stessa natura (o
struttura), anch’essa esistente necessariamente (Prop. 7): e in questo modo
esisterebbero due sostanze dei medesimo attributo, il che è assurdo (Prop. 5).
Dunque una sostanza non può esistere se non sia infinita.
Chiarimento
1°: Poiché, per un ente qualsiasi, possedere un essere limitato è in realtà
una negazione, mentre un essere infinito è l’assoluta affermazione
dell’esistenza di quell’ente, basta la Prop. 7 a dimostrare che ogni sostanza
deve essere infinita.
Chiarimento 2°: Sono certo che tutti coloro che giudicano all’ingrosso; e che non hanno preso 1’abitudine di voler conoscere le cose mediante le loro cause prime, avranno difficoltà a concepire la dimostrazione della Prop. 7: e non c’è da meravigliarsene, dato che essi non fanno distinzione tra le modificazioni delle sostanze e le sostanze stesse, e non sanno in qual modo le cose sono prodotte. Di qui avviene che essi attribuiscano alle sostanze (a torto) un principio, come vedono che 1’hanno le cose naturali. E c’è magari chi, ignorando le vere cause delle cose, fa una gran confusione, e senza che il suo raziocinio vi ripugni immagina che alberi e uomini parlino egualmente, o che uomini abbiano origine tanto da sassi quanto da seme, o che qualsiasi forma possa mutarsi in qualsiasi altra forma; e, allo stesso modo, chi confonde la natura divina con la natura umana attribuisce facilmente a Dio i sentimenti umani, soprattutto fm che continua ad ignorare in qual modo i sentimenti (o affetti) si producano nella mente. Ma se facessero attenzione alla natura della sostanza, gli umani non dubiterebbero affatto della verità della Prop. 7: anzi, quella Proposizione apparirebbe a tutti un assioma (cioè una verità evidente di per sé), e troverebbe posto fra le nozioni comuni (cioè fra le conoscenze che tutti gli umani normali possiedono al riguardo dei caratteri elementari delle cose del mondo, sia perché quei caratteri sono comuni a tutte le cose esterne all’Uomo, sia perché 1’ Uomo stesso fa parte della natura come ogni altro ente e condivide con gli altri enti determinati caratteri). Se, come dicevo, gli umani facessero attenzione alla natura della sostanza, essi capirebbero sùbito che la sostanza è ciò che sussiste in sé, e che può pensarsi e sé perché per conoscerla non c’è bisogno di conoscenze precedenti; e che le modificazioni sono "ciò che è in altro", cioè forme (o aspetti) di un’altra cosa, il concetto delle quali deve trarsi dal concetto della cosa in cui esse sussistono. (A proposito di questo, non possiamo avere idee vere di modificazioni non esistenti: già che, -sebbene quelle modificazioni non esistano in alto fuori dell’intelletto, la loro essenza fa parte di un altro ente (che esiste), così che non possiamo concepirle mediante quell’ente predetto; mentre la verità obiettiva delle sostanze, siano esse pensate o meno, non è altro che in esse stesse, perché esse si concepiscono per sé). Se dunque qualcuno dicesse di avere di una sostanza un’idea chiara e distinta, cioè vera, e nondimeno di dubitare se tale sostanza esista - andiamo!, sarebbe come se dicesse (e la cosa risulta evidente a chi vi ponga attenzione) di avere un’idea vera e di dubitare nondimeno se sia falsa; e lo stesso è di chi, affermando che una sostanza è cosa creata, afferma con ciò che un’idea falsa è diventata vera: cosa di cui non si può davvero pensare nulla di più assurdo. Si deve dunque necessariamente riconoscere che 1’esistenza di una sostanza è, allo stesso modo della sua essenza, una verità eterna (v. la Def. 8).
Di qui possiamo concludere anche in un’altra maniera che non c’è che una sola sostanza che abbia una determinata (o specifica) natura: cosa che mi sembra valer la pena di dimostrarla qui di seguito. Per farlo con ordine si deve però notare che, 1 °, la definizione vera di ciascuna cosa non implica né esprime alcunché oltre alla natura della cosa definita: da ciò segue che, 2°, nessuna definizione di qualsiasi cosa implica od esprime un numero determinato di esemplari di quella cosa, dato che la definizione non esprime nient’altro che la natura della cosa definita: p.es., la definizione del triangolo non esprime altro che la semplice natura del triangolo, e non un determinato numero di triangoli; 3°, si deve notare che di ciascuna cosa esistente c’è necessariamente una causa determinata, a cagione della quale la cosa considerata esiste; 4°, bisogna infine notare che quella causa, a cagion della quale una cosa esiste, deve o esser contenuta proprio nella natura e nella definizione della cosa esistente (ciò ovviamente nel caso in cui 1’esistere sia di pertinenza della natura della cosa considerata), o esser data al difuori della cosa stessa. Poste queste considerazioni ne segue che, se in natura esiste un certo numero di esemplari di una cosa, deve necessariamente esserci una causa per cui esistono quegli esemplari e non più né meno. Se p.es. nella Natura esistono venti umani (che per maggior chiarezza suppongo esistere nello stesso tempo, senza che prima di loro in natura ne esistessero altri) non sarà sufficiente, per render ragione dell’esistenza di quei venti umani, esporre la causa della natura umana in genere: ma sarà necessario, in aggiunta, mostrare la causa per cui non ne esistono né più né meno di venti, dato che - come posto qui sopra al punto 3° dell’esistenza di ciascuno di quegli umani deve necessariamente esserci una causa. Ma questa causa (punti 2° e 3°) non può esser compresa nella generica natura umana, giacché la definizione vera di "Uomo" non implica il numero 20; e quindi (punto 4°) la causa, per cui questi umani esistono in numero di venti, e per cui di conseguenza ciascuno di loro esiste, dovrà necessariamente trovarsi al difuori di ciascuno di loro. Per la qual ragione è da concludersi in assoluto che ogni cosa, di cui possono esistere più esemplari (della stessa natura, s’intende), deve necessariamente, affinché quegli esemplari esistano, avere una causa esterna. E poiché alla natura di una sostanza, secondo quanto già esposto nella Prop. 7 e anche in questo Chiarimento, compete l’esistere, la definizione di una sostanza deve implicare l’esistenza necessaria,a di conseguenza la sua esistenza deve concludersi dalla sola sua definizione. Ma dalla sua definizione - come è già stato mostrato nei punti 2° e 3° - non può seguire che esistano più sostanze: ne segue invece necessariamente che esiste un’unica sostanza di quella tale natura (ossia della sua specifica natura): come s’affermava.
(Spinoza, “Ethica”, I, prop.VII-VIII)