Prop. 11.
Dio, ovvero una Sostanza che consta di infiniti attributi,
ognuno dei quali esprime un’essenza eterna ed infinita, esiste
necessariamente.
Dimostrazione: Chi nega questa proposizione provi, se è possibile, a pensare che Dio non esista. La sua essenza, in questo caso, non implicherà l’esistenza (Ass. 7). Ma questo è assurdo (Prop. 7). Dunque Dio esiste necessariamente.
Altra dimostrazione: Di ogni cosa si deve - se si voglia osservare il mondo in una prospettiva razionale - individuare la causa, o ragione, tanto dell’esistenza, quanto della nonesistenza. P.es., se un triangolo esiste ci dev’essere una ragione, o causa, per cui esso esiste; e se non esiste deve parimente esserci una ragione, o causa, che impedisce che quel triangolo esista o che elimina la sua esistenza. Questa ragione o causa deve trovarsi o nella natura della cosa considerata o fuori di essa. P.es., la ragione per cui non esiste un circolo quadrato è indicata dalla stessa natura della cosa in esame: che, ovviamente, implica una contraddizione. Così ancora, sebbene all’inverso, la ragione dell’esistenza della Sostanza procede dalla sola sua natura, la quale appunto implica l’esistenza (Prop. 7). Ma la ragione per cui un certo circolo, o un certo triangolo, esiste, o non esiste, deriva non dalla natura di questi oggetti, ma dall’ordine di tutta quanta la natura materiale: dal quale infatti dipende che quella determinata forma triangolare o circolare o esista necessariamente, o non possa esistere. Queste cose sono evidenti di per sé. E da esse si deduce che ciò, a cui non ci siano ragioni o cause che impediscano di esistere, esiste necessariamente. Se perciò non può darsi alcuna causa o ragione che impedisca a Dio di esistere, o che sopprima la sua esistenza, si è costretti a concludere che egli esiste necessariamente. Ma se una tale ragione o causa ci fosse, essa dovrebbe trovarsi o nella stessa natura di Dio, o fuori di essa, cioè in un’altra sostanza di natura diversa (se infatti l’altra sostanza avesse la stessa natura, per ciò stesso si ammetterebbe che un Dio c’è): però una sostanza che fosse di natura diversa non potrebbe aver nulla in comune con Dio (Prop. 2), e quindi nemmeno potrebbe porre in alto o sopprimere la sua esistenza. Poiché dunque una ragione o causa che sopprima l’esistenza di Dio non può trovarsi al difuori della natura divina, essa dovrà necessariamente trovarsi, se Dio davvero non esiste, nella sua stessa natura, la quale di conseguenza implicherebbe contraddizione. Ma è assurdo affermare una tal cosa dell’Ente assolutamente infinito e sommamente perfetto: e dunque non si dà alcuna causa o ragione, in Dio o al difuori di Dio, che possa sopprimere la sua esistenza; ragion per cui Dio esiste necessariamente.
Altra dimostrazione: Poter non-esistere è un’impotenza (o un difetto), e al contrario poter esistere è una potenza (o una forza, o un vigore, o un dato positivo): la cosa è nona di per sé. Se quindi ciò che già esiste necessariamente non consiste in altro che in cose finite, si dovrà dire che degli enti finiti hanno maggiore potenza dell’Ente assolutamente infinito: cosa evidentemente assurda. Dunque: o non esiste alcunché; o 1’Ente assolutamente infinito esiste, anch’egli, necessariamente. Ma noi, se non altro, esistiamo, o per nostro potere (cosa che conosciamo impossibile), o grazie all’esistenza di un’altra realtà che esiste necessariamente (Ass. 1; Prop. 7): e dunque un Ente assolutamente infinito, cioè Dio (Def. 6), esiste necessariamente.
Chiarimento: Nel passo precedente ho voluto dimostrare l’esistenza di Dio a posteriori, cioè utilizzando i dati dell’esperienza, al fine di rendere la dimostrazione meglio comprensibile: non già perché, sullo stesso fondamento, l’esistenza di Dio non possa dimostrarsi a priori, cioè utilizzando princìpi logici generali. Infatti, se poter-esistere è un potere, ne segue che quanto più di realtà compete alla natura di una cosa tanto più di capacità di esistere quella cosa ha in sé; e quindi ne segue che l’Ente assolutamente infinito, cioè Dio, possiede da sé un’assolutamente infinita capacità di esistere, e perciò esiste assolutamente. Molti forse, tuttavia, non riusciranno a vedere cosi facilmente la chiarezza di questa dimostrazione, perché sono abituati a considerare soltanto le cose che sono prodotte da cause esterne: e, fra queste cose, sembra a loro che quelle che si producono in breve tempo, ossia che esistono facilmente, altrettanto facilmente periscano, mentre, al contrario, essi giudicano difficili a prodursi, ossia non capaci di esistere così facilmente, le cose che a loro sembrano più complesse. Invero, per liberarli da questi pregiudizi, non ho bisogno di spiegare in questa sede sotto quale aspetto è vero il detto ciò che si fa presto, presto anche si disfa, e nemmeno di decidere se, considerando la totalità della natura, tutte le cose siano, o no, egualmente facili: mi basta soltanto notare che io qui parlo non delle cose che sono prodotte da cause esterne, ma delle sole sostanze, le quali (Prop. 6) non possono essere prodotte da nessuna causa esterna. Le cose ordinarie, cioè quelle che sono prodotte da cause esterne, constino esse di molte parti o di poche, debbono alla forza e al potere della causa esterna tutto ciò che hanno di perfezione e di realtà: e perciò la loro esistenza deriva non da una loro perfezione, ma dalla sola perfezione della causa esterna. Una sostanza, invece, non deve ad alcuna causa esterna la qualsiasi perfezione che essa possieda: per la qual cosa anche la sua esistenza - che quindi non è altro che la sua essenza - deve procedere dalla sola sua natura. La perfezione di una cosa, quindi, non si oppone alla sua esistenza, ma anzi ne è la condizione; mentre al contrario 1’ imperfezione di una cosa ne rende incerta l’esistenza: e pertanto non non possiamo essere sicuri dell’esistenza di alcuna cosa più di quanto siamo sicuri dell’esistenza dell’Ente assolutamente infinito ovvero assolutamente perfetto, che è Dio. Dato infatti che l’essenza di Dio esclude ogni imperfezione ed implica la perfezione assoluta, questo stesso fatto elimina ogni ragione di dubitare della Sua esistenza e ne dà anzi la certezza suprema: come sono sicuro che apparirà evidente a chiunque vi rifletta un poco.
(Spinoza, “Ethica”, I, prop.XI)