SPINOZA, ATTRIBUTI E MODI DELLA SOSTANZA

Prop. 1.
Il pensiero è un attributo di Dio, ossia Dio è l’Ente pensante.

Dimostrazione: I singoli pensieri, cioè questo e quel pensiero, sono modi che esprimono la natura di Dio in una certa e determinata maniera. Compete dunque a Dio un attributo, di cui tutti i singoli pensieri implicano il concetto, e solo con riferimento al quale, anche, essi sono concepiti. Il Pensiero è pertanto uno degli infiniti attributi di Dio, che di Dio esprime l’essenza eterna e infinita; ossia Dio è cosa pensante. (P. I, Def. 5 e 6; P. I, Conseg. d. Prop. 25).

Chiarimento: Questa proposizione risulta evidente anche dall’essere a noi possibile il concepire un Ente pensante infinito. Infatti: quante più cose un essere pensante può pensare, tanto più di realtà, ossia di perfezione, noi vediamo appartenergli; dunque un Ente, che può pensare in infinite maniere infinite cose, è necessariamente infinito nel suo potere di pensare. Dato pertanto che, riferendoci soltanto al pensiero, noi concepiamo un Essere infinito, il Pensiero è necessariamente uno degli infiniti attributi di Dio, come volevamo. (P. I, Def. 4 e 6).

Prop. 2.
L’estensione è un attributo di Dio, ossia Dio è l’Ente esteso.

Dimostrazione: Questa Proposizione si dimostra con lo stesso procedimento della precedente.

Prop. 3.
In Dio c’è necessariamente l’idea tanto della sua propria essenza, quanto di tutte le cose che dalla sua essenza derivano necessariamente.

Dimostrazione: Dio può infatti (P. II, Prop. 1) pensare infinite cose in infinite maniere, ossia, ciò che è lo stesso, può formare l’idea della sua essenza e di tutte le cose che necessariamente ne derivano. Ma tutto ciò che è in potestà di Dio è necessariamente: e dunque l’idea predetta esiste necessariamente, e non altrove che in Dio. (P. I, Prop. 15, 16, 25; P. II, Prop. 1).

Chiarimento: Per "potere di Dio" la gente intende la libera volontà di Dio e il suo diritto su tutto ciò che è, e che per tale ragione viene ordinariamente considerato contingente. Si dice infatti che Dio ha il potere di distruggere ogni cosa e di annichilarla; e spessissimo si paragona la potenza di Dio con la potenza dei Re. Ma io ho già confutato questa opinione (P. I, Conseg. 1 a e 2a d. Prop. 35), ed ho mostrato che Dio agisce con la medesima necessità con la quale egli intèllige se stesso (P. I, Prop. 25): cioè, come per la necessità della natura divina avviene (cosa che tutti sono unanimi nell’affermare) che Dio conosce se stesso, per la stessa necessità avviene che Dio fa infinite cose in infinite maniere. Ho poi mostrato (P. I, Prop. 34) che il potere (o la potenza) di Dio non è altro che la sua essenza attiva, cioè operante: al punto che pensare che Dio non agisca è per noi altrettanto impossibile che pensare che Dio non sia. Inoltre, se si volesse continuare a svolgere questo argomento, potrei anche mostrare che la potenza che la gente immagina in Dio non è soltanto una "potenza" di tipo umano (ciò che mostra come la gente si figuri Dio somigliante o analogo all’Uomo), ma addirittura implica un’impotenza; ma non voglio ripetere tante volte lo stesso discorso. Soltanto, prego istantemente il lettore di riflettere con grande impegno, tornandovi su se è necessario, sulle cose che ho detto intorno a questo argomento nella I Parte, dalla Prop. 16 alla fine. Sarà infatti difficilissimo intendere correttamente ciò che voglio dire se non si eviti con ogni mezzo di confondere la potenza di Dio con la potenza e col diritto, umani, che hanno i Re.

Prop. 4.
L’idea di Dio, dalla quale s’originano infinite cose in infinite maniere, può essere soltanto unica.

Dimostrazione: L’intelletto infinito non comprende altro che gli attributi di Dio e le loro affezioni. Ma Dio è unico (P. I, Conseg. d. Prop. 14): e dunque l’idea di Dio, dalla quale s’originano infinite cose in infinite maniere, può essere soltanto unica. (P. I, Conseg. d. Prop. 14; Prop. 30).

Prop. 5.
L’essenza formale delle idee - o struttura razionale peculiare delle idee stesse: v. P. I, Chiarim. d. Prop. 17 - ammette Dio come causa solo in quanto egli è considerato cosa pensante, e non in quanto egli è spiegato mediante altri attributi. Questo vale a dire che le idee, tanto degli attributi di Dio quanto delle cose singole, ammettono come causa efficiente non i loro ideati (cioè i loro oggetti quali-essi-sono-in-sé, cioè le cose vere che le idee esprimono), ma Dio stesso in quanto egli è cosa pensante.

Dimostrazione: L’affermazione è chiarita già dalla Prop. 3 di questa Parte: dove ho concluso che Dio può formare l’idea della sua propria essenza, e di tutte le cose che da essa derivano necessariamente, grazie al solo suo essere cosa pensante, e non perché egli sia l’oggetto della sua idea. Per questo motivo l’essere formale delle idee riconosce come causa Dio in quanto è cosa pensante. Ma la cosa si dimostra anche diversamente, come segue. L’essenza formale delle idee è un modo del pensare, come è noto di per sé, cioè è un modo che esprime in maniera certa la natura di Dio in quanto cosa pensante: e pertanto essa non implica il concetto di alcun altro attributo di Dio, e di conseguenza è effetto del pensiero e non di alcun altro attributo; e quindi l’essere formale delle idee ammette Dio come causa in quanto egli è considerato soltanto come cosa pensante, eccetera. (P. I, Ass. 4; Prop. 10; Conseg. d. Prop. 25).

Prop. 6.
I modi di qualsiasi attributo hanno Dio come causa solo in quanto egli è considerato sotto l’attributo per mezzo del quale i modi in esame sono concepiti, e non in quanto egli sia considerato sotto qualsiasi altro attributo.

Dimostrazione: Ciascun attributo si concepisce per sé, astraendo da ogni altro attributo: per la qual cosa i modi di qualsiasi attributo implicano il concetto del loro attributo, e non quello di un altro; e perciò hanno come causa Dio solo in quanto egli è considerato sotto quell’attributo del quale essi sono modi, e non in quanto egli sia considerato sotto qualsiasi altro attributo. (P. I, Ass. 4; Prop. 10).

Conseguenza: Risulta da quanto sopra che l’essere formale delle cose che non sono modi del pensare non deriva dalla natura divina perché questa abbia prima avuto la cognizione di quelle cose: ma le cose di cui nella Cosa pensante esiste l’idea derivano dagli attributi di competenza nella stessa maniera e per la stessa necessità con le quali ho mostrato che le idee conseguono dall’attributo del Pensiero.

(Spinoza, “Ethica”, II, prop. I-VI)