Lo Stato come costruzione civile intesa a dare stabilità all'instabile. L'instabilità è rappresentata dalla vita, la stabilità le costruzioni che l'uomo civile frappone tra sé e l'imprevedibile lavoro della natura. Tale visione sembra ripercorrere logiche nietzschiane: Nietzsche considerava lo stato democratico una delle tante strutture consolatorie messe in atto dagli uomini allo scopo di impedire all'imprevedibile di manifestarsi pienamente. Tuttavia Savinio, nell'opposizione tra imprevidibilità e prevedibilità, sembra propendere decisamente per quest'ultima, nella forma dell'incivilimento, il quale rende più umano (e civile) l'uomo.
“Lo Stato porta la confessione di sé nel suo stesso nome. Stato, prima di essere lo Stato, è il participio passato di stare, cioè a dire di un verbo che significa cessare dal moto, fermarsi, rimanere. Non solo in italiano ma in più lingue. e come significato statico in tutte. Questa la ragione profonda perché lo Stato è rispettato, perché ispira fiducia, perché è tenuto per l'appoggio più valido della società. Questa la ragione perché lo Stato rappresenta il centro necessario di ogni organizzazione civile. Ragione prettamente psicologica. Perché lo Stato promette all'uomo quello che l'uomo profondamente desidera e la vita non gli dà, ossia una condizione stabile, ferma, immutabile, e dunque del tutto diversa dalla condizione naturale della vita che è l'instabilità, la transitorietà, la mutabilità.
L'uomo guarda la vita e il suo animo si annegra. No. Non questo egli aspettava, non questo egli desiderava. L'uomo allora chiude gli occhi e comincia a pensare, ossia dimentica quello che ha veduto. Perché questo lavoro che l'uomo compie con la mente e chiama pensiero, non è se non un modo di staccarsi dalla vita e dimenticarla; ineffabile parete che l'uomo frappone tra sé e la vita, anche quando dice di guardare la vita in faccia e studiarla; come il filo dentro il quale il baco da seta si ravvolge; come l'inchiostro di cui la seppia si circonda, E tutta l'opera dell'uomo - dico l'opera, non il lavoro, ossia la parte più alta del lavoro e animata dallo << spirito >> - ha il fine di creare una Antivita, cioè a dire una vita concettuale che ciascuna condizione della vita naturale oppone a una condizione contraria: alla transitorietà la stabilità, alla mutabilità l'immutabilità, alla moriturità l'immortalismo.
Le stesse rivoluzioni, che apparentemente hanno il fine di mutare e trasformare, ossia di << girare la ruota >> (il simbolo meccanico delle rivoluzioni è la ruota), illudendo secondo i casi o disperando e impaurendo gl'ingenui e i superficiali, in effetto hanno lo scopo di rinvigorire lo Stato, ossia di ridare stabilità alla stabilità. Nascono infatti le rivoluzioni quando la stabilità si va indebolendo, e conseguenza di ogni rivoluzione vittoriosa è il rinvigorimento dello Stato, ossia la stabilità.
[...] L'uomo è nella vita come un elemento estraneo. Come un sommergibile dentro il mare. Ogni contatto rammenta questa insanabile incompatibilità tra noi e la vita. L'uomo perciò provvede a sopprimere tra sé e la vita ogni contatto, a isolarsi; e come il sommergibile per andare dentro il mare si riveste di un impermeabile involucro di acciaio, così l'uomo per navigare nella vita si riveste d'involucri materiali e spirituali. I quali hanno un nome: si chiamano civiltà. Quanto più spesso l'involucro, tanto più progredita la civiltà. Un involucro perfettamente impermeabile darà una civiltà perfetta, da spegnere al tutto la voce degli asini che di laggiù continueranno ad ammonire: << Abbandonate ogni artificio! siate semplici! siate naturali! >>."
(A. Savinio, Lo Stato, in Sorte dell'Europa, Piccola Biblioteca Adelphi, Milano, 1977, pagg. 91-92-93)