SCHOPENHAUER, REALE E' SOLO IL DOLORE

 

Noi sentiamo il dolore, ma non la mancanza del dolore; sentiamo la paura, ma non la tranquillità. Sentiamo il desiderio, come sentiamo la fame e la sete; ma appena esso è soddisfatto, non abbiamo piú niente da fare con esso, come avviene col boccone goduto, il quale nel momento in cui viene ingoiato, cessa di esistere per la nostra sensibilità. Soltanto il dolore e la privazione si possono percepire positivamente e si annunciano quindi da sé: il benessere invece è soltanto negativo. Non ci accorgiamo perciò dei tre grandi beni della vita, la salute, la giovinezza, la libertà come tali, finché li possediamo, ma solo dopo che li abbiamo perduti: poiché anch'essi sono negazioni. [...] A misura che i godimenti crescono, diminuisce la sensibilità per essi: ciò che è abituale non viene piú sentito come godimento. Appunto per ciò cresce la sensibilità per il dolore, perché la privazione di ciò che è abituale viene sentita dolorosamente. Cosí nel possesso cresce la misura de] necessario e quindi la capacità di provare dolori. Le ore passano tanto piú veloci quanto piú sono piacevoli, tanto piú lente quanto piú sono penose, poiché ciò che e positivo non e il godimento, ma il dolore, la cui presenza si rende sensibile. La nostra esistenza è piú felice allorché meno ce ne accorgiamo: ne consegue che sarebbe meglio non averla. [...] Se si conducesse il piú ostinato ottimista attraverso gli ospedali, i lazzaretti, le sale chirurgiche, le prigioni, le stanze di tortura, i recinti degli schiavi, nei campi di battaglia e nei tribunali, aprendogli tutti i sinistri covi della miseria, e facendogli vedere alla fine la torre della fame di Ugolino, certamente anch'egli potrebbe capire di qual specie sia questo meilleur des mondes possibles. Perciò non posso trattenermi dal dichiarare che l'ottimismo mi sembra non solo una dottrina assurda, ma anche iniqua, un amaro scherno dei mali innominabili sofferti dall'umanità.

 

(Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione)