Le
ragioni del "nulla esistenzialista
Quando
l'esistenzialismo parla del nulla, come fondamento dell'ente, non intende
affermare che l'ente, in quanto ente, sia niente ('nihil absolutum'). La 'storia',
l''esistenza', la 'libertà' (ossia i vari modi in cui resta qualificato l'ente),
non sono garantiti, per l'esistenzialismo, da alcun essere trascendente -
e in questo senso hanno come fondamento il niente -, ma ciò nonostante non
intendono essere, in quanto tali, un niente. L'esistenza precede l'essenza
- non ha alle sue spalle un mondo immutabile su cui appoggiarsi e cui commisurarsi,
quindi ha il niente alle sue spalle e di fronte a sé -, ma per Sartre l'esistenza,
in quanto tale, non è un 'nihil absolutum'. Non solo l'esistenzialismo, ma
l'intero pensiero occidentale si rifiuta di pensare che l'ente, in quanto
tale, sia un nulla: in quanto è, sin quando è, nei limiti in cui è, l'ente
non è un niente, per quanto instabile, insicuro, precario esso possa essere.
Ma l'intera civiltà occidentale si rifiuta di pensare che l'ente in quanto
tale sia niente, tuttavia la persuasione che l'ente , in quanto tale, è niente,
è il fondamento nascosto e il significato ultimo di quel rifiuto. L'Occidente
è questa persuasione, ma non riesce a riconoscersi in essa, che pure è la
sua essenza. Prendendo coscienza di sé, questa persuasione si manifesta nella
forma del suo opposto: come negazione che l'ente sia niente. Ma in questa
negazione l'ente viene pensato come ciò che può non essere, e cioè - ecco
il tratto essenzialmente nascosto - come un niente; sì che la nientità dell'ente
resta al fondamento della negazione che l'ente sia niente.
[...] E' proprio perché un tempo si è potuta realizzare, all'interno dell'orizzonte
della metafisica di Platone, la distinzione tomistica tra Esse per essentiam
e entia per participationem, è proprio per questo che oggi si può affermare
che l'esistenza precede l'essenza. Affermare che l'ente partecipa dell'esse
(e cioè che la connessione dell'ente al suo esse è "sintetica")
significa pensare l'ente come assoluta disponibilità all'essere e al non essere:
l'ente è (=partecipa sinteticamente dell'esse), ma sarebbe potuto restare
un niente e potrebbe ridiventare un niente.
Il pensiero moderno si rende conto che questa nientità dell'ente è possibile solo se l'ente non preesiste in un essere eterno (divino), cioè solo se il vuoto che l'ente non ha ancora occupato (o avrebbe potuto occupare, o ha cessato di occupare) non è riempito da un dio: solo se la nientità dell'ente non è mistificazione. Nell'affermazione che l'"esistenza precede l'essenza", l''essenza' è appunto la dimensione dell'essere eterno (Esse per essentiam) e l'esistenza' è l'ente che esiste come ciò che sarebbe potuto restare un niente. Se - e poiché! - l'ente emerge dalla propria nientità, e sarebbe potuto restare un niente, non ci può essere un'essenza eterna che preceda l'esistenza dell'ente e sia già ciò che l'ente, in quanto niente, non può ancora essere.
(Emanuele Severino, “Risposta alla Chiesa”, in “Essenza del Nichilismo”, edizione Adelphi, Milano, 1982, pag. 348).