In
ragione del fatto che l'essere è 'sempre',
e il non essere è 'mai',
inutili sono le precisazioni attorno alla necessarietà dell'essere,
in quanto l'essere 'è'
già comunque in sé, non ha bisogno di essere giustificato. L'essere
non disarma mai nella lotta (opposizione) contro il nulla, non viene mai meno
al suo 'essere essere
[...] Questo il discorso del tramonto del senso dell'essere, che trova nel Liber de Interpretatione di Aristotele la sua formulazione più rigorosa e più esplicita:“E' necessario che l'essere sia, quando è, e che il non-essere non sia, quando non è; tuttavia non è necessario che tutto l'essere sia, né che tutto il non-essere non sia; non è infatti la stessa cosa che tutto ciò che è sia necessariamente, quando è, e l'essere senz'altro di necessità. La stessa cosa si dica del non essere”. (19a 23-27).
[...] Eppure in questo discorso il senso dell'essere si è già dileguato; [...] Perché la lotta tra l'essere e il nulla non è come quella che si combatteva tra gli antichi eserciti, che di giorno guerreggiavano, mentre a notte i capi nemici bevevano insieme sotto le tende – nemici dunque quando e se fossero stati in campo. Questo poteva avvenire perché, oltre che nemici, erano anche uomini. L'essere, invece, è un tale nemico del nulla che nemmeno di notte disarma: se lo facesse, non si strapperebbe di dosso la propria armatura, ma le proprie carni.
(Emanuele Severino, “Ritornare a Parmenide”, in “Essenza del Nichilismo”, edizione Adelphi, Milano, 1982, pag. 21).