SPINOZA, LA LIBERTA' E' UN EFFETTO OTTICO

 

Le cose umane andrebbero assai meglio se fosse ugualmente in potere dell'uomo tanto il tacere che il parlare. Ma l'esperienza insegna sovrabbondantemente che gli uomini nulla hanno meno in loro potere che la lingua, e nulla possono meno che dominare i loro appetiti: donde è avvenuto che i più credono che noi agiamo liberamente solo rispetto a quelle cose verso cui tendiamo con moderazione perché l'appetito ne può essere agevolmente frenato dal ricordo di un'altra cosa della quale ci rammentiamo frequentemente, mentre non agiamo affatto liberamente rispetto a quelle cose verso cui tendiamo con grande affetto che non può essere sedato dal ricordo di un'altra cosa. E se non sapessimo per esperienza che noi facciamo molte cose di cui poi ci pentiamo, e che spesso, quando cioè siamo agitati da affetti contrari, vediamo il meglio e seguiamo il peggio, niente impedirebbe loro di credere che facciamo tutto liberamente. Così il bambino crede di appetire liberamente il latte, e il fanciullo adirato di volere la vendetta, e il timido la fuga. Parimenti l'ubriaco crede di dire per libero decreto della sua mente ciò che poi, da sobrio, vorrebbe aver taciuto; così il delirante, la ciarliera, il fanciullo e moltissimi della medesima specie credono di parlare per libero decreto della mente, mentre invece, non possono frenare l'impulso che hanno a parlare; sicché la stessa esperienza, non meno che la ragione, insegna che gli uomini credono di essere liberi solo perché sono consapevoli delle proprie azioni e ignari delle cause da cui sono determinati.

 

(Spinoza, Etica, Parte III, proposizione II, scolio)