Tacito, Nerone persecutore dei cristiani

Tacito, pur non dimostrando alcuna simpatia per Nerone, non esita a mostrare il suo disprezzo per la nuova setta dei cristiani, ormai molto numerosa nella stessa Roma, una città che appare – agli occhi di Tacito – cosí degradata che tutte le atrocità e le vergogne vi trovano seguaci. Dalla lettura di questo brano sembra potersi dedurre che ai tempi di Nerone il cristianesimo fosse in qualche modo tollerato (“Furono dunque arrestati dapprima quelli che professavano la dottrina apertamente”) e che alcuni fra i cristiani, di fronte alla minaccia della persecuzione e della morte, abbiano indicato i confratelli che furono arrestati e martirizzati in massa.

 

Tacito, Annali, XV, 44, 2-55

 

         Ma né soccorso umano, né largizione imperatoria, né sacrifizi agli dèi valevano a soffocare la voce infamante che l’incendio fosse stato comandato. Allora, per troncare la diceria, Nerone spacciò per colpevoli e condannò ai tormenti piú raffinati quelli che le loro nefandezze rendevano odiosi e che il volgo chiamava cristiani. Prendevano essi il nome da Cristo, che era stato suppliziato ad opera del procuratore Ponzio Pilato sotto l’impero di Tiberio: e quella funesta superstizione, repressa per breve tempo, riprendeva ora forza non soltanto in Giudea, luogo d’origine di quel male, ma anche in Roma, ove tutte le atrocità e le vergogne confluiscono da ogni parte e trovano seguaci. Furono dunque arrestati dapprima quelli che professavano la dottrina apertamente, poi, su denunzia di costoro, altri in grandissimo numero furono condannati, non tanto come incendiari, quanto come odiatori del genere umano. E quando andavano alla morte si aggiungevano loro gli scherni: si facevano dilaniare dai cani, dopo averli vestiti di pelli ferine, o si inchiodavano su croci, o si dava loro fuoco, perché ardessero a guisa di fiaccole notturne dopo il tramonto del sole. Nerone aveva offerto per tale spettacolo i propri giardini e celebrava giuochi nel circo, frammischiato alla plebe in abito d’auriga, o prendeva parte alle corse, in piedi sul carro. Per questo, sebbene si trattasse di colpevoli che meritavano castighi di una severità non mai veduta, pur nasceva un senso di pietà, in quanto essi morivano per saziare la crudeltà uno, non per il bene di tutti.

 

(Tacito, Annali, a cura di A. Arici, UTET, Torino, 19702, pagg. 888-889)