Tindal, come gli altri “liberi
pensatori”, presuppone un Dio “saggio e buono” che ha fatto dono agli uomini
della ragione, decretando cosí, di fatto, l'inutilità della “rivelazione”
attraverso le Scritture:
la ragione da sola, come la luce del Sole, è in grado di fornire tutte le
conoscenze di cui l'uomo ha bisogno anche per quanto riguarda il bene
dell'anima.
M. Tindal, Il cristianesimo
antico quanto la creazione, Cap. I
Io penso che non si possa
sottolineare abbastanza l'importanza della religione naturale; la quale, nel
senso in cui io la intendo, differisce da quella rivelata soltanto per il modo
in cui viene comunicata: l'una infatti è la rivelazione interna, l'altra
la rivelazione esterna della medesima volontà immutabile di un Essere,
che è in ogni tempo ugualmente saggio e buono.
[...] Si può forse ammettere che
un Essere infinitamente buono e misericordioso, che fa conoscere agli uomini
mediante i loro sensi ciò che è utile o dannoso alla salute fisica, abbia avuto
minor riguardo per le loro parti immortali, e non abbia concesso loro a ogni
epoca mezzi sufficienti per scoprire, mediante la luce dell'intelletto, quanto
occorre per il bene delle loro anime, ma addirittura li abbia costretti, o
almeno abbia costretto alcuni di loro, a rimanere per secoli e secoli in una
funesta ignoranza, o nell'errore?
Per spingere piú oltre la
questione, lasciate che vi domandi se non esiste una luce chiara e distinta che
illumina tutti gli uomini, e che, nel momento in cui si lasciano guidare da
questa, consente loro di comprendere quelle verità eterne che costituiscono il
fondamento di ogni nostra conoscenza. E non è forse Dio stesso che li illumina
direttamente? E quali migliori ragioni si possono addurre per questo modo di
agire della sapienza infinita, del fatto che essa intenda dare all'umanità
regole fisse per distinguere il vero dal falso, specialmente in questioni della
massima importanza ai fini della loro felicità terrena ed eterna?
C'è stata indubbiamente una lunga
serie di religioni tradizionali che si sono sostituite l'una all'altra; e, per
quanto ne sappiamo, non esiste alcuna religione tradizionale che si sia
mantenuta identica a lungo, se non per il nome; e per quanto esista un gran
numero di sette che vanno sotto la medesima denominazione comune, tuttavia esse
sono divise tra loro quasi come se professassero religioni diverse, e di
conseguenza si accusano reciprocamente di errori fondamentali. Tuttavia esse
sono tutte d'accordo nel riconoscere una legge di natura, e nel considerarsi
necessariamente obbligate a obbedire ai suoi dettami: cosí tale lume naturale,
come quello del Sole, è universale: e, se gli uomini non tenessero chiusi gli
occhi del loro intelletto, e non si lasciassero accecare da altri, disperderebbe
rapidamente tutte le nebbie e l'oscurità che derivano dalle false tradizioni o
dalle false interpretazioni della vera tradizione.
(C. Giuntini, Toland e i liberi
pensatori del '700, Sansoni, Firenze, 1974, pagg. 95-97)